La nostra attività

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giovedì 23 dicembre 2010

La Loggia dei Gastronomi servizio catering



  
La Loggia dei Gastronomi ha realizzato il servizio ristoro, in un ambiente agreste presso il salone di un maneggio, per i festeggiamenti di un Compleanno …
Qualità ed eleganza offerte in quest'occasione con buffet salato finger food, crêpes dolci servite al momento e servizio bar.



Menù della serata

 


 

Il buffet salato finger food ha previsto:

  • Mini bignè di fine pasticceria organizzati a piramide su piatti singoli per gusti.

     
  • Frivolezze Mediterranea composte da involucri di pasta fillo artigianale ripieni con salmone fresco all'eoliana e bacche di pepe rosa; tonno con salsa di peperoni.
Le crêpes dolci proposte con una delicata crema all'arancia, flambate sul momento con Grand Marnier ; 
la classica ed intramontabile nutella con granella di nocciole.
Il servizio bar è stato eseguito da un esperto barman.

Professionalità e onestà intellettuale ci distinguono in ciò che facciamo.


 

lunedì 6 dicembre 2010

Mito sfatato: lo zucchero non neutralizza l’acidità!




Spesso sentiamo dire che aggiungere zucchero comune, saccarosio, ad un alimento dalle spiccate sensazioni acidule ne attenui le stesse.
Che cosa è l'acidità di un alimento? Naturalmente la risposta è scontata: s'intende la presenza di un'elevata concentrazione di acidi nella propria composizione. È una caratteristica intrinseca dell'alimento stesso.
L'acidità libera, cioè la presenza di acidi tali e quali senza avere alcun legame con altre molecole, è presente in quasi tutti gli alimenti. È la concentrazione, quindi la quantità, e la qualità dell'acido stesso, a determinarne la forza percettiva. Per fare un esempio, il pomodoro presenta una discreta concentrazione di acido citrico e malico. Tali acidi, se in forma libera e in quantità elevata, contribuiscono al sapore acidulo dell'ortaggio. Solitamente, come pratica di cucina, si aggiunge comune zucchero per abbassare tale sensazione durante la cottura. Secondo tale usanza è solito credere che lo zucchero abbassi il tenore di acidità della salsa e quindi modifichi il pH della stessa....



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giovedì 25 novembre 2010

Five a Day – i cinque colori della vita






Le aspettative di vita sono cambiate negli ultimi anni raggiungendo il traguardo dei 76,8 anni per l'uomo e 82,5 per la donna. Dalla tabella si può osservare quanto sia aumentata l'aspettativa di vita nell'intervallo di due anni (2005-2007), ma i valori sono ottenuti in base ad una media matematica e influenzate in negativo dalla mortalità neonatale, cosa che avviene ormai di rado.




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sabato 20 novembre 2010

Stile Mediterraneo – Filetto di branzino al coriandolo in crosta di patate



 

Ultimo piatto presentato in tesi di laurea nel capitolo destinato agli aspetti gastronomici della Dieta Mediterranea. Un secondo di pesce insaporito da una spezia poco conosciuta ai palati ma di provenienza mediterranea.
Il pesce utilizzato per questa preparazione è un branzino o spigola. Abita i mari del Mediterraneo. È apprezzato per le proprie carni pregiate e saporite.
In base alla provenienza, se d'allevamento o selvaggio, può essere di media grassezza o magro. Il pesce proveniente dagli allevamenti ha un contenuto lipidico di 6,5/100 g di parte edibile con un rapporto acidi grassi polinsaturi/saturi superiore dei primi (saturi totali: 1,44 g; monoinsaturi: 2,13; polinsaturi totali: 2,53), quello allo stato selvaggio è invece molto più magro, 1,5/100 g di parte edibile, il rapporto di acidi grassi è praticamente uguale (saturi totali: 0,35; monoinsaturi totali: 0,30; polinsaturi totali; 0,40). I dati sono  tratti dalle tabelle di composizione degli alimenti dell'INRAN.
Tornando alla più piacevole descrizione del piatto, il pesce, come già detto, è insaporito con il frutto di una pianta della stessa specie del cumino, aneto, finocchio e prezzemolo, usato come spezia, il coriandolo. È una pianta tipica della cucina indiana adoperata per insaporire ogni tipo di piatto; le foglie al posto del prezzemolo, mentre i frutti sono un elemento principale per la preparazione del curry e del garam masala. Il suo gusto è molto simile al limone con la particolarità di non alterare i sapori degli alimenti che accompagna. La sua presenza dona una spiccata sensazione fruttata.
Per dare consistenza ho avvolto il filetto di branzino in uno strato sottile di patate conferendo ulteriore tendenza dolce a tutta la preparazione. Ho voluto inoltre aggiungere un sapore amaro e contrastante al palato con una modica quantità di rucola frullata. Il piatto è condito con olio evo e insaporito con sale.
Cosa ci si può aspettare da un piatto così semplice, che qualcuno potrebbe erroneamente considerare povero? Ricchezza di nutrienti, di sostanze benefiche, di energia nella giusta quantità, di macro e oligoelementi, di vitamine, con la particolarità di un gusto semplice ed elegante.
Il vino scelto per l'abbinamento è un bianco commerciale, Damarino di Donnafugata. La delicatezza del piatto è supportata dalle caratteristiche di questo vino per nulla aggressivo. La giusta persistenza al palato arricchisce ammirevolmente la speziatura data dal coriandolo, non contrastandolo ma aumentando, con sentori floreali e fruttati, il sapore di limone amaro dello stesso. Scegliendo questa etichetta ho voluto dimostrare come vini non blasonati e abbastanza comuni possano riservare, in occasioni specifiche, delle ottime sorprese al palato.

mercoledì 17 novembre 2010

La Dieta Mediterranea è Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità


Nel linguaggio comune è abitudine indicare il regime alimentare con il quale ci si nutre con il termine Dieta, e noi continueremo ad utilizzare tale termine per indicare ciò che entra con grande merito tra le liste dell'Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura). Il patrimonio culturale immateriale dell'umanità, già ricco di 166 elementi (in Italia è il terzo dopo "l'opera dei pupi" siciliana e "il canto a tenore" sardo), inserisce nelle proprie liste il "nostro" regime alimentare, non solo come mezzo alimentare, nutrizionale e salutistico, ma sotto la più ampia visione storica dello "stile di vita"(Dìaita: modo di vivere).....





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martedì 16 novembre 2010

Stile Mediterraneo – Minestra asciutta di mare e di terra.


Pomodoro fresco;
Aglio;
Cipolla;
Peperoncino;
Tonno;
Olive nere;
Fiori di zucca in quantità;
Pesto di basilico con pistacchi e pinoli leggermente tostati;
Olio d'oliva extravergine.

 


Questi gli ingredienti usati per confezionare il piatto. Li troviamo sui banchi dei mercati di ogni città. Un primo piatto che raggruppa una serie di alimenti dai colori meravigliosi e che presentano i mezzi per un'efficace prevenzione salutistica. Belli, buoni ed efficaci.

 
Al palato si presenta corposo, morbido e fresco. Ricchezza di sensazioni ben dosate che ne sviluppano una singola e avvolgente.

 
Questa preparazione l'ho voluta confezionare come "primo piatto" presentato in tesi, a dimostrazione che il regime alimentare di tipo mediterraneo sia tra i migliori al mondo in fatto di ricchezza. Asserisco il contrario di quanto si possa credere sulla povertà di tale "dieta" con i fatti. Ricchezza di sapori, di colori, di profumi, di phytochemical, di nutrienti, di energia. Potremmo considerarlo un piatto unico, arricchito dalla freschezza dei fiori di zucca e accompagnato dal pesto con l'insieme degli elementi ben armonizzati.

 
Preservo le peculiari caratteristiche degli ingredienti con una cotture veloce. Non ho fatto altro che prendere ciò che Dio ci ha donato attraverso la natura e monto in un'unica preparazione.

 
La scelta del vino ricade su un rosso blasonato della mia regione, il Cerasuolo di Vittoria, con uvaggio di Nero d'Avola e Frappato. Un vino equilibrato, caldo, abbastanza morbido, mediamente fresco, mediamente tannico, sapido, che, con la sua eleganza, accompagna il gusto ricco del piatto. Il criterio della contrapposizione delle singole sensazioni è ben equilibrato dalle stesse valutate nel loro insieme e concordanti tra loro.

lunedì 15 novembre 2010

Stile Mediterraneo - "Compendio"


È uno dei piatti che ho voluto confezionare per la mia tesi di laurea, il cui titolo è "Dieta Mediterranea: aspetti salutistici e gastronomici", e non potevo che mantenermi sullo stile mediterraneo. Il nome premette il risultato sia nutrizionale, sia organolettico. È una sintesi di quanto potremmo trovare in un pasto completo, naturalmente in piccolissime quantità. L'idea mi è venuta dalla moda dei "finger food" che presenta una serie di frivolezze da prendere appunto con le mani. Il contenuto del piatto presenta una serie di confetture salate di ortaggi (cipolla rossa e bianca, pomodoro, olive nere), un paté di melanzana all'origano, un formaggio caprino a pasta morbida. L'innovazione è nell'uso dell'addensante o meglio del gelificante. Ho usato l'agar-agar per uso alimentare al posto delle più comuni pectine, ottenendo così una più duratura resistenza della confettura stessa e il mantenimento del sapore originale degli ortaggi. L'agar è un polisaccaride (poligalattoside) che si estrae da un vasto numero di alghe rosse. Presenta per la maggior parte mucillagini e carragenina, sostanze responsabili della proprietà gelificante. Non altera i sapori, ha bisogno di una limitata cottura e un tempo leggermente superiore di raffreddamento.

I vari gusti li ho voluti combinare tra loro sottoforma di piccoli pasticcini, il cui contenitore è rappresentato da una sorta di "pan di spagna" leggermente salato e fatto asciugare in forno a temperature basse (100°C circa) per come si fa con le meringhe. Il risultato è una sorta di crostino leggermente croccante e spugnoso. Ho utilizzato una piccola dose di lievito vanigliato per ottenere la consistenza desiderata e coprire il gusto di uovo. Dopo numerose prove sono riuscito nel mio intento, direi in modo apprezzabile. 

Ho voluto onorare anche la carne tradizionalmente presente sulle tavole di tutti i tempi, quella di maiale, con un brasato al vino bianco e bacche di ginepro accompagnata da una crema di carote. Il contenitore è di pasta "fillo", una sorta di sfoglia di origine greca-turca che si confeziona con sola farina "00", acqua, olio d'oliva e sale. La preparazione della pasta fillo è stata semplice e il risultato eccellente. Dopo l'ottenimento dei sottilissimi strati di pasta, che devono essere semi trasparenti e consiglio di spennellare immediatamente con olio d'oliva per evitare che asciugandosi all'aria si spezzino, ho sovrapposto sei fogli quadrati e li ho messi in una tazzina da caffè di ceramica per dare la forma. Ho infornato alla temperatura di 160-170° fino alla doratura dei bordi avvenuta in pochi minuti (circa sette). Il risultato è stato eccellente con una consistenza croccante, leggera, bella e funzionale.

Colori, profumi, sapori, e consistenze, oltre alle proprietà nutrizionali di questo piatto, sono assolutamente mediterranei. Uova, farina, olio di oliva extravergine, ortaggi, formaggio di capra, erbe aromatiche, poco sale e un po' di fantasia sono stati gli ingredienti necessari per gratificare i nostri sensi.

La scelta del vino in abbinamento è ricaduta su un "rosato" siciliano, ottenuto con uvaggio Nerello Mascalese e Perricone. Buona dose di acidità, fruttato e floreale, titolo alcolometrico 12,5%, equilibrato ed elegante, non copre i sapori e accompagna perfettamente il piatto.

venerdì 12 novembre 2010

Spaghettini al coniglio selvatico


Il periodo di caccia inizia e arriva in cucina la cacciagione. Per chi ha la passione e ancor più opera da professionista nel settore è un buon momento. Poter trasformare una carcassa di un animale in qualcosa di favorevole al palato è un'ambizione riservata per tali pochissimi momenti. Per l'occasione mi sono trasformato in un chirurgo nell'estrarre i minuscoli pallini di piombo residui dalle carni tenere del coniglio. Ho cucinato le carni dell'animale in diversi modi, naturalmente in piccole porzioni ma marinato allo stesso modo per tutte le preparazioni.







Per la marinata:
Vino rosso ricco in tannini;
Cipolla;
Carota;
Sedano;
Pepe nero in grani;
Rosmarino;
Alloro;
Acqua.
Il coniglio è rimasto a marinare per 24 ore…
Per questa ricetta ho preparato un sugo con il quale ho condito spaghettini cotti in brodo vegetale preparato da me in precedenza.
Le dosi sono per tre persone, la quantità è stata adeguata per il condimento.

60 g di coniglio sfilettato;
½ cipolla bianca;
Olio Evo;
1 bicchiere di vodka secca;
Poco brodo vegetale, ½ mestolo circa;
10 bacche di ginepro;
Prezzemolo abbondante;
Sale e pepe nero q.b.

Come il solito ho utilizzato una cottura veloce per la natura stessa della preparazione, 7-8 minuti di fuoco. Soffritta la cipolla, ho aggiunto le bacche di ginepro e il coniglio. Ho sfumato con la vodka. Ho salato e speziato. Ho aggiunto il brodo e il prezzemolo. Ho continuato la cottura per altri due minuti e versato gli spaghettini in padella per la mantecatura.
Potrei dire di aver terminato qui il piatto, ma la delicatezza e la tendenza dolce mi lasciavano perplesso e non del tutto soddisfatto. Ho voluto provare una piccola quantità di sugo con altrettanta di formaggio pecorino al pistacchio, un prodotto caseario a pasta morbida che ha donato il contrasto sapido da me tanto amato. In padella stessa ho aggiunto 50 g di pecorino e continuato la mantecatura fino alla completa fusione. Risultato eccellente, provare per credere.

lunedì 1 novembre 2010

Uovo in fonduta


 Mi ricordo quando mia madre preparava l'uovo fritto con una discreta quantità di formaggio a pasta filata che faceva completamente sciogliere chiudendo la padella con un coperchio per un minuto circa. Per me era una festa… Adoravo l'uovo e il formaggio ancor di più. 
Ho voluto presentare il classico uovo in una versione più elaborata.

 



Dosi per una porzione:

 
Uovo
30 g di formaggio a pasta filata.
10 g di pepato fresco
10 cl di latte
Qualche fungo "champignon"
Tre fette di pane fritto in olio evo (extra vergine d'oliva).
Rosmarino
Gocce di tartufo (olio aromatizzato al tartufo nero di tipo Scorzone).
Semi di papavero
Sale q.b.

 
Per iniziare la non semplicissima preparazione ho fritto i miei crostoni di pane per un minuto circa in abbondante olio caldo e appena tolto dal fuoco, ho cosparso con il rosmarino.
Ho provveduto a preparare la fonduta, tagliando prima i formaggi in piccoli pezzi mettendoli nel latte a freddo e portando tutto a calore su fuoco basso. Quando il calore è arrivato a un livello troppo elevato, ho continuato a rimestare energicamente i formaggi lontano dal fuoco ripetendo il procedimento fino a totale fusione dello stesso. Ho ottenuto così una crema né troppo liquida, né troppo densa e filante al punto giusto, nella quale ho aggiunto i funghi in piccoli pezzetti precedentemente cotti. Ho riempito la tazza da consommé con la fonduta mettendola da parte in attesa del completamento.
In questa mia preparazione ho voluto cuocere a bagnomaria l'uovo, costretto in una piccola formina di metallo a sua volta posta dentro un tegamino con qualche millimetro di acqua e chiudendo l'apertura della forma cilindrica appoggiando un foglio di alluminio. Per capire la struttura degli strumenti adoperati, l'esempio più plausibile è la matrioska russa. L'uovo dentro la formina cilindrica di metallo con una base estraibile dello stesso materiale, un piccolo foglio di alluminio per chiudere la parte superiore, tutto posto dentro un tegamino con uno o due millimetri di acqua, e il tegamino dentro una pentola un po' più grande con l'acqua in ebollizione. Mi serviva una temperatura di cottura molto delicata per mantenere l'uovo morbido. Direi che l'esperimento è riuscito alla grande. L'idea mi è venuta da un professore di chimica degli alimenti e che si diletta in cucina, il quale ha proposto di cuocere un uovo alla coque alla temperatura di circa 60°C per circa un'ora garantendo un risultato eccellente. Non avendo lo strumento per controllare o mantenere la temperatura consigliata ho scelto la cottura soft della nonna, bagnomaria, arrivando al risultato voluto. La cottura dell'uovo l'ho prolungata fino alla completa coagulazione esterna dello stesso, e non oltre, per la quale sono stati necessari 10-12 minuti circa. Alla fine ho aggiunto sull'uovo un pizzico di sale.
Ho riscaldato la fonduta in microonde per 30 secondi alla massima potenza, ho estratto l'uovo dal proprio alloggio con delicatezza e l'ho poggiato sulla fonduta. Ho cosparso la superficie con i semi di papavero, una piccola quantità di "Gocce di tartufo" e ho servito con i crostoni.
Questo è voluto essere solo un esperimento, durante il quale ho cambiato alcuni parametri tradizionali, spinto dalla voglia di ricercare una soluzione alternativa alla classicità della preparazione. Esperimento riuscitissimo a detta dei commensali, ma da ripetere una tantum visto il tempo impiegato.

venerdì 1 ottobre 2010

La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi


CAPITOLO V






"IL NOVECENTO"










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Umbricelli alle erbe di montagna con salsa al formaggio



Pochi minuti e gli ingredienti a disposizione, non occorre altro per saziare la nostra fame e la nostra curiosità. La natura nel piatto con un pizzico di tecnologia per avere contrastanti emozioni al palato. Uno degli alimenti principi della nostra Dieta Mediterranea è la pasta, con le sue forme particolari, le proprie caratteristiche in cottura, i suoi aspetti nutrizionali. Ottenuta con un processo tecnologico con il quale farina e acqua, movimento meccanico, temperatura controllata e tempo permettono il risultato così apprezzato e prodotto da farci sembrare che cresca già confezionata sugli alberi come frutti. Altro prodotto tecnologico dovuto all'ingegno dell'uomo è l'olio d'oliva. Il suo uso si perde nella storia. L'albero d'ulivo ci regala il suo frutto ricco di lipidi e dal quale, con una spremitura meccanica a freddo, estraiamo "l'oro liquido". Altra piccola sorpresa al palato è la crema di formaggio acidulo usata per attenuare l'untuosità, la sensazione di piccante, i gusti un po' forti dei funghi e aglio. L'acidità, anche detta freschezza, permette un'abbondante salivazione. Ed ecco che il palato, come del resto le altre parti anatomiche della cavità orale, sono dilavate, permettendo un'attenuazione delle sensazioni naturalmente incisive. Particolare al palato, poco riconoscibile dalla memoria, ma piacevole.
Il formato di pasta che ho usato è, come suggerisce lo stesso nome, caratteristico dell'Umbria, gli "Umbricelli", una sorta di spaghettone rustico e leggermente schiacciato. Per il formaggio la scelta è ricaduta su uno spalmabile con l'aggiunta di un po' di latte per renderlo più liquido, una pochissima quantità di yogurt e un riposo opportuno per aumentarne l'acidità già presente. Il resto è totalmente genuino, utilizzato tal quale.

Funghi porcini secchi 15 g;
Tartufo nero estivo 3 g;
Pomodoro n.1;
Peperoncino n.2;
Aglio n.1;
Prezzemolo un ciuffo abbondante;
Olio d'oliva evo;
Sale q.b.

Per la salsa al formaggio:


Formaggio spalmabile 250 g;
Qualche cucchiaio (1-2) di yogurt magro con fermenti;
Qualche goccia di latte;
Un pizzico di sale.


Amalgamate il formaggio allo yogurt (1-2 cucchiai) e al latte (qualche goccia) e tenetelo a riposo coperto e in un luogo che non sia il frigorifero. Riscaldate l'olio, che dovrà essere caldo senza che questo inizi a produrre fumo. Togliete il pentolino dal fuoco. Se è troppo caldo, aspettate che si freddi qualche minuto. Aggiungete il mix vegetale preparato in precedenza. Cuocete la pasta e scolatela appena. Dovrà rimanere una certa quantità di acqua di cottura. Condite con qualche cucchiaiata di condimento e mantecate in pentola. Impiattate e aggiungete un po' della salsa al formaggio. La velocità e la semplicità del piatto conferiscono un valore aggiunto a questa preparazione.

martedì 14 settembre 2010

Cous Cous Fest 2010 San Vito Lo Capo




Oltre alle bellezze naturali, San Vito Lo Capo offre un panorama enogastronomico di tutto rispetto, ospitando, ormai dal 1998, il "Cous Cous Fest", una rassegna internazionale culturale ed enogastronomica Mediterranea, dove gli chef di nove paesi, Italia, Francia, Marocco, Algeria, Tunisia, Costa d'Avorio, Senegal, Palestina e Israele, si cimentano nella preparazione del "cuscus" secondo le ricette della tradizione culinaria dei paesi d'origine.


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lunedì 13 settembre 2010

La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi


Capitolo IV

Le cucine regionali italiane

Il mangiatore di fagioli - Annibale Carracci
1580-1590; Galleria Colonna, Roma
L'Italia, durante il periodo Barocco del '600, aveva perduto la visione unitaria che aveva caratterizzato tutto il periodo rinascimentale. Le aree regionali, alcune assoggettate dalle grandi potenze straniere, altre isolate da ogni traffico commerciale, svilupparono tipici caratteri inerenti alla cucina popolare. Proprio le cucine popolari, con le loro oltre 70.000 ricette a noi pervenute, mantennero viva la tradizione gastronomica di tutta l'Italia anche se tenuta ai margini e completamente ignorata dai ceti alti...........










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martedì 7 settembre 2010

Il Menù – Tecnica e pratica della ristorazione




Con questo articolo, tratto da alcuni testi didattici alberghieri, cerchiamo di essere utili per una maggiore consapevolezza di ciò che può essere la ristorazione. La cultura gastronomica affonda le proprie radici molto lontano nella storia, ed è proprio da questa che attingiamo il nostro sapere e le nostre pratiche quotidiane, al fine di migliorare continuamente. Ad maiora semper!!



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domenica 5 settembre 2010

Flan di mandorle, gelo di zafferano, cioccolato su disco di frolla





Onoro la mia terra,la Sicilia, e non da meno l'anniversario del mio matrimonio, avvenuto dieci anni or sono, scegliendo e assemblando i suoi gusti, le sue tradizioni, la sua storia, con questo dessert

Per il flan:

1 panetto di pasta di mandorle.
¾ di litro di acqua.
¼ di litro di latte vaccino parzialmente scremato.
60 g di mandorle tritate.
7 fogli di colla di pesce.


Sciogliete il panetto di pasta di mandorle con poca acqua in un tegame. Una volta sciolto aggiungete il rimanente liquido e il latte. Portate a quasi ebollizione il tutto. Ammorbidite i fogli di gelatina in acqua per 10 minuti. Strizzateli, e aggiungerli al composto liquido ancora caldo. Rimestate per qualche minuto e versate il liquido negli appositi stampi, dopo aver aggiunto le mandorle tritate. Aspettate che si raffreddi a temperatura ambiente e riponete gli stampi nel frigorifero dove dovranno stare per non meno di due ore.

Gelo di zafferano:

½ litro di acqua.
60 g di zucchero a velo.
2 bustine di zafferano.
2 g di agar per uso alimentare.

Portate ad ebollizione l'acqua e lo zucchero. A parte sciogliete lo zafferano con poca acqua e versatelo all'acqua in ebollizione continuando la cottura per due minuti circa. Spegnete il fuoco e aggiungete i due grammi di agar al liquido caldo. Aspettate che si freddi, senza però farlo gelatinizzare, prima di utilizzare.

Per il cioccolato fuso non ho aggiunto alcun ingrediente se non qualche goccia di acqua per poter avere una consistenza più cremosa. Ho usato un cioccolato fondente extra dark, cacao 73%, poi sciolto a bagnomaria. Ho utilizzato una siringa alimentare per creare le figure al piatto.

Per la pasta frolla:

300 g di farina "00".
150 di burro
130 g di zucchero semolato.
1 tuorlo
1 uovo intero
½ bustina di lievito per dolci.


Mettete la farina in un contenitore appropriato. Disponetela a fontana e aggiungete il burro e un pizzico di sale. Iniziate a lavorare velocemente. Una volta impastata per bene aggiungete le uova, lo zucchero il lievito setacciato. Continuate a lavorare l'impasto per qualche minuto. Create delle sfere, avvolgetele in pellicola e riponete in frigorifero per non meno di trenta minuti. Infarinate la spianatoia e stendete la pasta frolla aiutandovi con un mattarello dando uno spessore di ½ centimetro. Ricavate dei dischi o comunque dal diametro e forma dello stesso contenitore del budino. Delicatamente, aiutandovi con una spatola infarinata, prelevate la pasta frolla tagliata e riponetela su una placca ricoperta da carta forno. Infornate alla temperatura di 170°C per una 10 di minuti o comunque fino a quando si siano dorati i bordi. Ricordo che la pasta frolla si brucia in pochissimi secondi, quindi occhio al tempo di cottura e alla tempestività nello sfornare la placca, e in più non deve essere toccata se non completamente fredda, rischiereste di rompere le forme della vostra frolla.

Ho impiattato secondo immagine, decorando con un ventaglio di mandorle affettate, con un filo di olio extravergine d'oliva della migliore qualità e qualche pistillo di zafferano.

sabato 4 settembre 2010

La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi


Capitolo III



Ragazzi che mangiano meloni e uva
Bartolomé Esteban Peréz Murillo
1645-1655, Alte Pinakothek, Monaco






Il modello Barocco











Terzo appuntamento pubblicato su rif. TITOLO IMMAGINE


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La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi


Capitolo II


Les très riches heures du Duc de Berry
1413-16 circa - miniatura dei fratelli Limbourg
Musée Condé di Chantilly




Il modello della cucina cortese.













Secondo appuntamento pubblicato su rif. TITOLO IMMAGINE

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martedì 31 agosto 2010

Focaccia alla norma



Ultima avventura tra i fuochi del mio antro, dove lontano è ugual destino dei golosi che fu nel Purgatorio del Dante la sesta cornice… qui si gode con la vista, con l'olfatto e con la lingua, per arrivare al completo appagamento dei sensi tutti, dove la noia è bandita per un'ora almeno.






La preparazione in oggetto è un "remake" già riproposto più volte ai miei commensali e pubblicato in passato su questo spazio (se vuoi visitare clicca Qui).
Questa volta sarò diretto alla mia ricetta, per la quale ho raggiunto l'optimum dopo anni di prove e che ho voglia di condividere.





400 g di farina "00".
400 g di farina di semola rimacinata.
200 g di manitoba.
70 g di burro
Poco meno di ½ bicchiere di olio d'oliva extravergine.
4 cucchiai di zucchero.
1 cucchiaio raso di sale
25 g di lievito di birra.
250 ml di latte.
Acqua q.b.





Iniziate a sciogliere il lievito in una tazza con acqua tiepida (34° C circa) e aggiungete due cucchiai colmi di zucchero. Miscelate le farine in un capace contenitore e disponete a fontana. Nello spazio ricavato aggiungete il burro a piccoli pezzi, il lievito sciolto e iniziate ad incorporare la farina dai lati della fontana. Aggiungete i due bicchieri di latte, i due cucchiai colmi di zucchero e l'olio. Continuate a incorporare la farina finché l'impasto non risulti omogeneo e soprattutto non si stacchi dalle mani con facilità. Nel caso in cui occorra altro liquido, cosa molto probabile, aggiungete poco per volta altra acqua tiepida fino al completo incorporamento della farina all'impasto. Se doveste esagerare con il liquido, basta aggiungere altra farina per risolvere il disguido. Solo ora potete aggiungere il sale. Togliete dal contenitore la pasta e lavoratela a mano con energia su un piano ben pulito. Dovete procedere esercitando una forte pressione, strappando la pasta e ricomponendola, provvedendo a cambiarne il verso ad ogni movimento. In questa fase riusciamo con il liquido, il movimento e con il calore moderato, a formare il glutine che servirà a rendere elastico l'impasto. Continuate con l'impastamento per non più di 15/20 minuti.
Terminato l'impastamento, riponete la pasta ottenuta in un contenitore infarinato. Massaggiata con olio la parte superiore, copritela con un panno e ponete il contenitore in un luogo caldo. La mia esperienza mi ha portato a dimezzare il tempo di lievitazione ponendo il contenitore vicino a una fonte di calore non eccessiva. In un'ora e 15 minuti circa la pasta ha raddoppiato il suo volume. Utilizzando un coltello ben affilato, tagliate per ⅓ la pasta lievitata. Infarinate il piano di lavoro e spianate servendovi di un mattarello fino a raggiungere uno spessore di ½ centimetro. Ponete la sfoglia sottile di pasta su una teglia e cercate di incorporare i bordi al resto. Livellate il suo spessore in modo omogeneo esercitando delle pressioni sulla parte con più spessore verso quella con meno. Fatto questo passaggio, importantissimo per una cottura ottimale, spennellate con latte la superficie e fate lievitare per un'altra ora circa. Passato questo tempo, durante il quale avrete portato alla temperatura di 180/190° il forno, potete iniziare a condire la vostra focaccia senza includere il formaggio e porla in cottura per 15/20 minuti o fino a che non si siano appena dorati i bordi.
Descritti i procedimenti per come io effettuo questa preparazione gastronomica passiamo ai condimenti.
In questo post vorrei descrivere quest'ottima variante presa da un piato tipico della cucina catanese, alla norma, che sia esso un piatto di fumanti maccheroni o una focaccia non vi è alcuna differenza.
Per i condimenti sarete voi in base alle vostre esigenze a quantificarli:

Melanzane.
Salsa rustica di pomodoro.
Olio evo per friggere.
Formaggio a pasta filata.
Ricotta salata infornata.
Basilico.
Sale q.b.

Riprendiamo dalla seconda lievitazione in teglia. Tagliate le melanzane in fette sottili un centimetro e friggetele in abbondante olio evo. Tenetele da parte salandole. Prendete la salsa rustica di pomodoro e versatela in una ciotola, quindi salatela. Aggiungete ora la salsa sull'impasto crudo e spalmatela aiutandovi con un cucchiaio in modo tale da ricoprire tutta la superficie senza esagerare. Rischiereste di inumidire troppo la parte superiore rallentandone la cottura. Infornate per 15/20 minuti a 180/190°C controllando spesso la parte inferiore. Raggiunta la cottura opportuna uscite la teglia dal forno e ponete le fette di melanzane ricoprendo tutti gli spazi. Aggiungete il formaggio, che nel frattempo avrete tagliato a piccoli pezzi, e infornate ulteriormente per il tempo necessario alla sua completa fusione. Sfornate e prima di servire grattugiate la ricotta infornata e spezzettate abbondante basilico. Aggiungete un filo di olio crudo e il gioco è fatto.
Lo stesso procedimento vale per le altre varianti cambiando solo i condimenti per come ho fatto io nella mia ultima avventura gastronomica.

Focaccia alla capricciosa

Focaccia tradizionale alla messinese
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venerdì 27 agosto 2010

La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi











Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio,
"Bacchino malato" (1593-1594)
Galleria Borghese, Roma
Mi accingo a iniziare quest'avventura, consapevole del fatto che sarà per nulla facile, con lo spirito in linea e in piena armonia alla passione e interessi che mi accomunano come individuo con un insieme di amanti gastronomi.
Con il termine gastronomia non ci si riferisce più al termine letterale della scienza che regola le funzioni dello stomaco, ma, ormai da diversi secoli, indichiamo con tale espressione la disciplina che tratta gli aspetti tecnici, culturali e artistici nel confezionare i piatti e tutto ciò che riguarda la tavola, la mise-en-place della stessa, l'evoluzione del gusto, e il galateo inteso come "buone maniere".
Per l'uomo l'alimentazione è un fatto fisiologico e naturale, ma è anche storia, cultura, tradizioni, credenze, tabù e superstizioni. L'evoluzione dell'uomo ha portato di conseguenza anche quella del cibo con la nascita della cucina prima e della gastronomia poi, portando notevoli cambiamenti nella preparazione dei cibi, in nuove tecniche professionali alle quali sono state riconosciute qualità internazionali e innovative sia per le ricette sia per gli utensili. L'evoluzione delle nostre abitudini ci ha portato ultimamente a usare un nuovo termine "enogastronomia", che coinvolge il vino, considerato da millenni uno dei miglior esaltatori del cibo, all'alimento.



I modelli gastronomici sono stati e continuano ed essere espressioni caratteristiche di grandi civiltà, anche se solo pochissimi ricettari sono giunti fino a noi.


Tavoletta mesopotamica con la
caratteristica scrittura cuneiforme
Il ritrovamento di numerose tavolette di argilla ha dimostrato come esistesse una complessa ed evoluta gastronomia più di 4000 anni or sono nella fertile Mezza Luna, attribuibile all'antica Mesopotamia. Si preparavano più di 300 tipi di pane. Erano apprezzati frutti come il cocco, mele, pere, fichi, melograni, uva, funghi, tartufi, olive, ed erbe aromatiche. Le carni consumate erano suine, ovine, di animali da cortile, selvaggina, pesci di mare e di acqua dolce, crostacei e molluschi. Erano preparati alcuni insaccati e almeno 20 tipi di formaggi differenti. Erano usati quotidianamente grassi da condimento quali strutto e olio di sesamo, ma il più usato e che si ritrova ancora oggi nelle abitudini alimentari arabo-turche, era un soffritto di cipolla, aglio e porro. Erano usati per arricchire il gusto delle vivande miele, diverse salse e sale. La bevanda più consumata era una sorta di birra, mentre il vino, che veniva dalle terre del Nord, Nord-Ovest, zone caucasiche scampate alle ultime glaciazioni, era molto costoso. Solo i ceti più abbienti e i sacerdoti potevano permetterselo. La cultura Mesopotamica conosceva le tecniche della riduzione e concentrazione dei sapori. La cucina di corte dell'impero assiro-babilonese può essere considerata la prima enogastronomia del pianeta. Da allora, due concezioni culinarie proseguiranno in parallelo: da una parte la costosa gastronomia dell'elite basata sulle tecniche professionali e sulla creatività dei cuochi, dall'altra la cucina popolare incentrata sui prodotti del territorio e sull'esperienza delle ricette.




L'alimentazione degli Egizi, Fenici, Ittiti ed Ebrei, 4000 anni fa, o meglio quella dei ceti più ricchi, si basava su cereali, ortaggi, latticini, ovini, pesci, frutta, birra e vino per come ci perviene dalle raffigurazioni murali e i ritrovamenti di resti di cibo nelle tombe. Le ricette erano trascritte da medici e sacerdoti che però omettevano le tecniche di preparazione, il che fa pensare ad una cucina non particolarmente elaborata e raffinata.



Tavola raffigurante un mandarino cinese
Una grande gastronomia giunta fino ai nostri giorni quasi del tutto intatta è quella mandarina cinese, basata su rigide tecniche di preparazione, mentre è molto elastica rispetto agli ingredienti. Altra caratteristica distintiva è l'alternanza dei sapori, le regola delle molte portate con piccole porzioni e il principio dei piatti preparati prima per essere ammirati e poi per essere gustati. Il miracolo che ha permesso al modello mandarino cinese di giungere fino ai nostri giorni è appunto l'esistenza di una letteratura gastronomica per merito dei funzionari statali, per l'appunto i mandarini, che erano scrittori, poeti e buongustai, i quali inventarono anche molte ricette. L'alta cucina cinese è, infatti, chiamata imperiale o mandarina ed ha influenzato tutte le cucine dell'Estremo Oriente.




Grazie a molti testi letterari diverse ricette e descrizioni di mense ci sono pervenute, soprattutto dalla Magna Grecia, informandoci sulle abitudini degli antichi Greci e di tutti i popoli del mediterraneo dal IV secolo a. C.. Archestrato di Gela ha lasciato alcune ricette di pesce cotto al forno all'uso siciliano, sulla brace, fritto e bollito. Per friggere e soprattutto per condire si usava l'olio d'oliva oltre che all'aceto, sale, erbe aromatiche e formaggi. Le cotture, brevi e semplici, ci fanno pensare ad una cucina sana e saporita indirizzata all'eccellenza territoriale, simile a quella tradizionale dell'Italia meridionale.


Apicio, intorno alla metà del I secolo d.C., scrive il "De Re Coquinaria", ampliata in intorno al IV secolo, descrivendo minuziosamente la grande enogastronomia romana del periodo imperiale. Piatti di animali provenienti da Africa, Europa, Medio ed Estremo Oriente come gru, beccafichi, colombi selvatici, struzzi, fenicotteri e pappagalli erano presentati nei menù dei patrizi romani. Amanti dei prodotti tipici, i Romani si rifornivano di rombi a Ravenna e ad Ancona, triglie in Spagna, spigole in Turchia, tartufi in Marocco, spezie in India e molti altri prodotti da altrettanti luoghi. Nel periodo Imperiale la frugalità della cucina repubblicana era ormai divenuta un lontano ricordo. I condimenti usati erano il "defritum", mosto cotto antenato del nostro aceto balsamico e il liquamen o "garum", salsa preparata con pesci e interiora degli stessi macerati sotto sale, oltre a diverse salse legate con farina. Piatti di pasta, lagane simili alle lasagne moderne, insaccati (lucaniche), crostoni di fegatini, piatti di cervella appena scottate, polli preparati in diverse maniere, lepri ripiene, ovini cotti nei più svariati modi, maialini in porchetta, pesci rari, ostriche e frutti di mare imbandivano le tavole dei triclini, e il tutto era innaffiato con vini più o meno aromatizzati. La spezia più usata era il pepe, molto più raro lo zenzero, mentre lo zafferano e la cannella erano usati molto più dalle donne come cosmetici assieme al burro. Contrariamente a quanto si pensi, i Romani amavano molto i vegetali e le erbe aromatiche, il grasso più impiegato era l'olio d'oliva che Apicio distingue in buono e in verde, quest'ultimo più pregiato e prodotto con olive raccolte anticipatamente. Le regoli di tale gastronomia erano la somma di molti sapori e la mescolanza di dolce e salato, l'uso abbondante di erbe aromatiche e di salse a base acida stemperate in aceto o agresto, succo di uva acerba schiacciata e aromatizzata, oltre a quelle prodotte con pesci di mare o addizionate di sale, miele e mosto cotto come dolcificanti.
Il vino era servito dai sommelier dell'epoca, gli "haustatores", che hanno lasciato un decalogo sulla tecnica della degustazione. Si può parlare di una gastronomia ricercata ed evoluta tanto da influenzare la cucina basso-medievale europea e quella araba. Il I secolo d.C. può essere considerato il primo grande periodo dell'enogastronomia occidentale.

La gastronomia araba prende sicuramente spunto da quella dell'Impero Romano d'Oriente e dell'Impero Persiano a sua volta erede della gastronomia mesopotamica, tanto da essere considerata figlia. Influenzerà la cucina cortese europea, in particolare quella spagnolo-catalana ed italiana, dopo il 1000 d.C., come confermano i libri di cucina medievale pubblicati in Italia nel XIII secolo e quelli del XIV secolo in Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra e Germania. Agli Arabi è legittimamente attribuita l'importazione di riso, carciofo, zucchero, melanzana, spinaci e molte altre coltivazioni.


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