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venerdì 19 marzo 2010

Focaccia messinese - La Tradizione non deve mai mancare





Una delle golosità gastronomiche che si possono gustare dalle mie parti è la focaccia. Solitamente nelle famiglie la parola "chiave" è: "Cosa si mangia questa sera??? Non saprei, magari compriamo un po' di focaccia?", stessa cosa per i singles, senza dimenticare di dire che è stata eletta, a furor di popolo, la specialità tradizionale garantita per la visione di "eventi sportivi tipo partitone di calcio davanti ad un maxischermo LCD con home theatre". Così, in un pellegrinaggio quasi mistico, ci si ritrova in fila in uno dei tanti panifici o più specifiche focaccerie, gastronomie, rosticcerie, etc., pregustando, con l'acquolina in bocca, le diverse possibilità di combinazioni di gusti che gli addetti ai lavori propongono; capricciosa, margherita, norma, primavera, con patate e cipolla, con wurstel, etc., ma la capostipite, la più gettonata, è appunto la tradizionale focaccia alla messinese. È un alimento che non fa discriminazioni, piace a tutti, poveri e ricchi, belli e brutti, gnocche/i e "cozze/i", musulmani, ebrei e cattolici, boss, criminali e magistrati, carabinieri e poliziotti (le due forze si contendono il primato degli arresti con agonismo da partita di rugby), cani e gatti. E' possibile ritrovare in fila amici con i quali ci si è persi di vista o parenti lontani (del tipo uno di Milano e l'altro indigeno). Dovrebbe essere candidata al Nobel per la "tolleranza e uguaglianza sociale" (esiste ?).

Passiamo al dunque!

Come sappiamo la pasta per focaccia è differente dalla pasta per pizza, per pane e per qualsiasi altro prodotto da forno. La differenza è proprio nella preparazione della base e successivamente nella scelta dei condimenti. Ognuno mantiene ben segrete le proporzioni degli ingredienti e, come tutti, anch'io lo farò (?????).

L'impasto consiste in:

  • Farina (io uso un mix di 00, semola e manitoba).
  • Acqua q.b.
  • Lievito di birra.
  • Olio (esclusivamente extravergine d'oliva) mezzo bicchiere per kg.
  • Sale (un cucchiaio raso per kg. Può essere assaggiata a crudo per testare la sapidità. Non uccide!).
  • Zucchero mezzo cucchiaio per kg e comunque dipende dal proprio gusto (io ne metto di più, almeno due cucchiai pieni per kg. Faccio ingozzare i lieviti).

Per il condimento:

  • Pomodoro fresco: si può utilizzare qualsiasi varietà, San Marzano, tondo liscio, a grappolo, Pachino, etc.
  • Indivia riccia detta anche Scarola.
  • Formaggio a pasta filata (per rispettare la tradizione dovrebbe essere utilizzata la Tuma).
  • Acciughe sott'olio o sottosale, che dovranno essere dissalate accuratamente.
  • Olio extravergine d'oliva.
  • Sale.
  • Pepe nero.

Il procedimento, com'è risaputo, consiste nell'impastare la farina dopo essere stata miscelata con acqua, portata a una temperatura di circa 36/38°C, zucchero, lievito, olio e, solo alla fine, il sale.

Io procedo con un impastamento lento e deciso, naturalmente a mano, durante il quale strappo più volte l'impasto e lo ricompongo esercitando una forza più o meno da "sollevamento pesi". Una volta che il glutine è formato, si capisce dall'elasticità della pasta (occorrono non meno di venti minuti di manipolazione), si procede con la lievitazione dopo aver infarinato il fondo del contenitore nel quale è disposto l'impasto e massaggiata di olio la parte superiore. Io la faccio lievitare per almeno due ore al caldo poi riprendo a impastare con meno veemenza e la faccio lievitare per un'altra ora (comunque tutto dipende dalla quantità di lievito usato che può variare dai 24 g ai 6 g per kg di farina). Trascorso il tempo necessario o voluto, divido la pasta, che nel frattempo ha raddoppiato il proprio volume, in pezzi più piccoli usando un coltello affilato e la stendo, aiutandomi con un mattarello (qualche volta ho usato una bottiglia), raggiungendo uno spessore di mezzo centimetro e anche meno. Prendo le misure con la teglia da forno utilizzata per la cottura e taglio le parti in eccesso. Uso la carta forno che dispongo sotto la pasta e questo per un fattore di risparmio energetico personale (mi toccherebbe usare olio di gomito per lavare le teglie e questo è ammissibile solo per un uso casalingo). Dispongo la sottile pasta sulla teglia e provvedo a sistemare i condimenti che dovranno essere cotti insieme.

In precedenza ho tagliato il pomodoro fresco, l'indivia riccia o scarola e il formaggio.

Un accorgimento è di sistemare i pezzi di pomodoro salati in uno scolapasta qualche ora prima di utilizzarli per condire la focaccia. In questo modo si elimina gran parte dell'acqua di vegetazione che altrimenti comprometterebbe la consistenza della focaccia durante la cottura. "Troppa umidità fa male anche alla specialità".

Bado a sistemare piccoli pezzetti di acciuga a distanza regolare sulla sfoglia. Poi dispongo abbondante indivia tagliata in piccoli pezzi (durante la cottura, perdendo l'umidità propria, si abbassa di volume) e infine il pomodoro (in questo modo il pomodoro protegge la scarola che in caso contrario si brucerebbe). La lascio riposare per venti minuti durante i quali la lievitazione riprende aumentando di qualche millimetro lo spessore e inforno a 180-200°C preriscaldato per 20 minuti circa. Controllo spesso, durante la cottura, la parte della focaccia che poggia sulla teglia per evitare che si abbrustolisca eccessivamente e comunque tutto dipende dal forno utilizzato, dalla temperatura, dallo spessore, dalla quantità di condimenti, dall'anima de li mor… suoi (mi scuso per l'espressione ma la vita del cuoco è difficile e la pazienza ha un limite).

Non appena la focaccia ha raggiunto la cottura, passo allo spargimento del formaggio. Ripongo la teglia in forno, ma questa volta uso il grill, per il tempo necessario affinché si sciolga il formaggio e, sfornata, la spennello con olio e macino un po' di pepe nero.

Adesso è pronta per essere pappata. La soddisfazione nel preparare una ricetta del genere con le proprie mani compensa la fatica impiegata.

Bon appetite!!!!




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