La nostra attività

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lunedì 31 maggio 2010

Riso Jasmine al latte di cocco



Per leggere Il medico si esprime - considerazioni storico scientifiche di un professionista clicca QUI



Il senso più intimo di un esploratore, di un temerario, di una persona che non disdegna di osservare e provare le eccezionali sfumature che possono celarsi dietro di ciò che è differente, può essere sintetizzato con il piatto che propongo. Riso Jasmine profumato al gelsomino (in modo naturale e dipendente dalla varietà) di origine tailandese, cotto su fiamma moderata secondo il sistema orientale, acqua fredda aggiunta fino a coprire di due dita il livello di riso nel tegame, senza essere mescolato, salato solo a metà cottura. Il latte di cocco ingrediente di non facile reperimento, ma una volta avuto e provato, diventa un punto di riferimento per creare ricette orientali o rivisitate. Lo zenzero, sarebbe opportuno trovarlo fresco, in mancanza può essere tranquillamente utilizzato quello in polvere, in quantità abbondanti. È una spezia di base assieme alla citronella, aglio e peperoncino rosso. L'alimento coprotagonista può essere carne, sotto forma di piccole polpettine semplici, aromatizzate allo zenzero e fritte, dalle nostre parti in olio evo (acronimo di extravergine d'oliva), oppure code di gambero. In questo caso ho utilizzato un tritato misto di carne di maiale e vitello in proporzione 1:1. Ho voluto dare il tocco mediterraneo con un letto di sottili fette di limone che hanno accentuato la sensazione di freschezza (ricordo che con il termine "freschezza" indichiamo la sensazione di acidità in un alimento), in contrastato alla morbidezza e dolcezza del latte di cocco.
Per proporre il piatto durante il pranzo domenicale, ho dovuto impormi con la prepotenza appartenente alla mia classe di uomo del sud (fucile a canne mozze caricato a lupara portato sulla spalla), e di uno che la sa lunga su quello che fa. Non per mancanza di modestia, ma sapevo con certezza che il piatto sarebbe piaciuto non appena fosse stata superata l'iniziale diffidenza sull'ingestione di alimenti di non comune riconoscimento e addirittura sconosciuti, come il latte di cocco. Devo ammettere che neanche io vado pazzo per il gusto del cocco, mi ricorda la crema abbronzante spalmata sulla pelle dei bagnanti, ma la salsa in questione merita un discorso a parte. Risultato apprezzato, con ulteriori bis fino al completamento della riserva, composta da 700 g di riso e 500 cl di salsa, e relativi complimenti sulla delicatezza strana, inusuale e piacevolissima del "mio" piatto. I commensali provenienti da USA, Gela, Messina e Catania hanno gradito ed io con loro. La presenza del mio degustatore ufficiale, il dottor Sebastiano Nicosia, mi ha donato gratificazione aggiunta, lasciandomi la speranza di una sua considerazione non necessariamente storico-scientifica.
Gli ingredienti:
700 g di riso Jasmine al gelsomino (riso simile al Basmati ma prodotto in Tailandia)
300 g di tritato misto suino-vitello
500 cl di latte di cocco ( venduto in barattoli da 250 cl in drogherie fornite di alimenti orientali)
Zenzero fresco (è una radice che in alcuni casi può essere reperita presso supermercati forniti, sui banconi refrigerati delle verdure), in mancanza può essere utilizzato in polvere di più facile reperimento.
Alcune foglie fresche di citronella (è quella pianta utilizzata per tenere lontane le zanzare), in mancanza possono essere utilizzate sottili bucce di limone. L'effetto è simile.
Peperoncino intero q.b.
Uno spicchio di aglio
Sale q.b.

I due alimenti vanno serviti separatamente come si serve il cous-cous. Riso in un recipiente e la salsa caldissima in uno coperto (per mantenere più a lungo la temperatura). Per gustare al meglio le sfumature delicate del particolarissimo riso è opportuno che lo stesso sia tiepido. Sarà riscaldato dalla salsa aggiunta prima di essere consumato e….
Buon appetito.



sabato 22 maggio 2010

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione



Descrizione olfattiva



Per terminare l'analisi tecnica olfattiva del nostro vino si dovranno descrivere i profumi percepiti. Come già descritto in un post precedente (Esame olfattivo-Praefazio) i vari profumi o sentori o note olfattive sono differenti e dipendenti da fattori diversi. Con il tempo e con l'addestramento riusciremo a descrivere le varie sfumature in modo sintetico e appropriato senza eccessivi giri di parole. Un profumo è avvertibile se, in questo caso dal vino, ma vale per tutti i profumi esistenti, si liberano molecole piccole, idrofobiche e volatili e in quantità sufficiente da essere catturate dalla nostra mucosa olfattiva.
Inizialmente si avvertiranno i profumi più franchi cioè quelli più intensi, seguiranno i profumi che completano il bouquet, più delicati, e comunque tutto ci dovrà indirizzare sulle qualità, sulle tecniche di affinamento, sulla maturazione e sull'evoluzione. Per fare un esempio: nel nostro vino si percepiscono profumi di frutti e fiori, con sentori di mela, biancospino e altri fiori bianchi. Il vino in esame dovrebbe essere un vino bianco giovane prodotto da uno o più vitigni non aromatici.
Se nel vino in esame si riconoscono profumi di frutti rossi come prugne, ciliegie, amarene, confettura degli stessi frutti, chiodi di garofano, legno, peperone verde e note erbacee, verosimilmente stiamo degustando un vino rosso, di media maturazione che ha passato qualche tempo in botte. La nota di peperone verde potrebbe farci pensare a un Cabernet o un Merlot essendo entrambi vitigni che presentano la caratteristica nota erbacea (erba appena tagliata).
Quando nel nostro vino si liberano profumi di frutta esotica (papaia, ananas, etc.), floreali specialmente di rosa, spezie dolci e miele con piccole sfumature di erbe aromatiche, potremmo pensare a un vino prodotto da vitigni aromatici come brachetti, malvasie, moscati, gewürtztraminer.
I termini per giustificare e descrivere i profumi del vino sono:

Aromatico: si usa per descriver un vino prodotto da uve aromatiche perché identifica il vitigno di origine.

Vinoso: è un aggettivo con il quale s'identifica il classico odore di cantina durante la svinatura. Solitamente è un odore peculiare dei vini rossi giovani.

Floreale: naturalmente aggettivo che indica il chiaro odore di fiori sia essi bianchi (biancospino, zagare, ginestre, etc.), sia rossi (viola, rosa, etc.). Tali profumi ci ricorderanno i fiori freschi se degustiamo un vino giovane, oppure secchi e appassiti se valutiamo un vino più maturo.

Fruttato: con questo aggettivo si qualificano i sentori di frutta, che, come per i sentori floreali, saranno frutti freschi se degustiamo un vino giovane, o frutti maturi, sotto spirito e confetture se vini maturi. Nei vini passiti si possono percepire sentori di frutta esotica essiccata, uva passa, albicocca e fico secco.

Erbaceo: si usa per indicare il profumo di erbe verdi, come il bosso, l'erba, il peperone verde, la foglia di pomodoro e altri. Solitamente, essendo profumi pungenti e penetranti, sono facilmente identificabili e attribuibili ai vitigni che rappresentano tale caratteristica, tipo il cabernet sauvignon, il cabernet franc e il merlot per i rossi; il riesling, il sauvignon blanc, etc. per i bianchi.

Fragrante: tale aggettivo ha due valenze. Si usa per indicare profumi freschi e vivaci dei vini giovani e in quelli che hanno avuto contatto prolungato con i propri lieviti, tipo vini spumanti con metodo classico (rifermentazione in bottiglia).

Minerale: aggettivo che indica profumi riconducibili a minerali, tipo polvere da sparo e pietra focaia, grafite e ardesia, idrocarburi e petrolio. Spesso sono riconducibili a determinate zone di produzione come avviene per alcuni Nero d'Avola siciliani o Sauvignon blanc della Loira, etc.

Franco: è un aggettivo con il quale si indica la chiara sensazione percepita; per esempio quando in un vino si avvertono chiare sensazioni speziate, floreali e vegetali (queste ultime due completano il bouquet), si dirà speziato, franco - pepe nero e chiodi di garofano, fruttato – prugne e ciliegie, erbaceo – peperone e bosso.

Speziato: aggettivo che riconduce a note di spezie, come cannella e vaniglia, oppure a spezie più pungenti come il pepe nero. Solitamente sono note olfattive riscontrabili in tutti i vini maturati in botti e affinati in bottiglia. In vini passati in barrique nuove si percepiranno chiare note di vaniglia.

Etereo: aggettivo con il quale si indicheranno chiare note di cera lacca, iodio, medicinali, sapone, smalto, etc.

Con la descrizione dei profumi termina l'analisi olfattiva per iniziare quella più interessante gusto-olfattiva. Non sempre le informazioni avute dall'analisi visiva e olfattiva trovano riscontro con l'assaggio. Qualche volta le caratteristiche saporifere e gustative sono deludenti rispetto alle prime impressioni, quindi è opportuno completare le valutazioni prima di esprimersi in merito alla qualità del nostro vino. Nel mondo vino non ci sono regole stabili ma moltissime variabili.

Continua su questo link:  L'esame gusto olfattivo praefatio

martedì 18 maggio 2010

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione


La qualità olfattiva



In tale valutazione tecnica, la soggettività di chi degusta, opera un fattore importante. La qualità olfattiva rappresenta la sintesi di quanto percepito nel vino in oggetto ed è, insieme alla descrizione, l'analisi che richiede più tempo per apprendere le sottili differenze territoriali. Il bagaglio mnemonico personale, dopo numerose degustazioni, permetterà di individuare la franchezza e la tipicità, l'eleganza, la piacevolezza di un vino (il fegato implorerà perdono).
La franchezza è intesa come una sfumatura odorosa affrancata rispetto alle altre. Più avvertibile.
La tipicità è invece da attribuirsi alla zona di coltivazione del vitigno, ma tale caratteristica la possiamo tranquillamente lasciar avvertire e conoscere a chi dovrà fare concorsi ufficiali internazionali come sommelier. Io ne farei pure a meno ma inserisco tale analisi come bagaglio didattico che ho dovuto apprendere (compreso nel prezzo di solo qualche milioncino del vecchio conio) nel corso della mia carriera da ex alcolista non tanto anonimo.

Eleganza e piacevolezza sono caratteristiche superflue da chiarire. Un profumo è elegante quando ben armonico, delicato e nello stesso tempo ben avvertibile. Piacevole quando non ci fa refluire conati di vomito.
I termini per giustificare la qualità olfattiva sono:

Comune: vino con profumo scadente e senza alcun pregio, può presentare difetti ed essere sgradevole. Vino da scartare.

Poco fine: vino con profumi mediocri e poco piacevoli. Anche questo un vino da evitare.

Abbastanza fine: un vino dai profumi sufficientemente piacevoli. Si avvertono sufficientemente diverse note olfattive. Lo possiamo bere.

Fine: un vino nel quale si avvertono molte note olfattive, diverse sfumature e una buona franchezza e tipicità. Non possiamo evitare di prenderlo sul serio.

Eccellente: un vino dai profumi eleganti, franchi, tipici e che può trasmettere grande personalità olfattiva. "Deve" essere degustato.

Come affermato in precedenza, la qualità olfattiva, per i comuni degustatori, deve essere soltanto una sintesi delle analisi tecniche svolte in precedenza, ma sarebbe superfluo soffermasi su più di una conoscenza superficiale a meno ché non si abbiano ambizioni più alte, tipo diventare degustatori ufficiali internazionali, in tal caso vi consiglio di aprire un mutuo e affidarvi ad una delle "grandi" associazioni, oltre che a nostro Signore, che esigeranno soldi, soldi e denaro con il rischio di non riuscire nell'intento.


Continua su questo link: La descrizione olfattiva

domenica 16 maggio 2010

Pesce stocco alla Mugnaia con aceto balsamico.



Per confermare la voglia di scoprire nuovi sapori (solo per noi stessi), di unire alimenti in preparazioni differenti, di giocare a fare l'esploratore tra i fornelli, di stupirci delle nostre pazzie o poesie (dipende da quale punto di vista si osservi la cosa) mi sono cimentato nella realizzazione di questo piatto. È un tradizionalissimo filetto di pesce stocco, con tradizionalissima farina di semola, con tradizionalissimo aceto balsamico, fritto in un tradizionalissimo olio evo, il tutto ripassato in un tradizionale forno statico alla temperatura di 180°C per i tradizionali venti minuti. La mia natura di cuoco pop (tradizionalmente popolare) non è tradita. La novità meno pop e più nouvelle sono le barchette di brisè, realizzate sostituendo la farina con il tradizionalissimo pan grattato. Piccolo tocco artistico (ma mi faccia il piacere!!!!) di un "pazzerello", furioso , ormai in pieno delirio. Essendo un esperimento ho prestato poca cura alla presentazione, concentrandomi maggiormente sulla composizione e unione dei sapori. Fermare la ricerca vuol dire morte. Anche Lucio Dalla è della mia idea, sarebbe opportuno dire è realista – da intervista televisiva. Dopo tantissimi anni di palco, di concerti, di canzoni sarebbe inutile ripresentarsi al pubblico così frequentemente. Lo fa perché la vita è un continuo evolversi. Una lenta ma costante metamorfosi. Questa è la differenza. Il cambiamento, l'evoluzione, la ricerca di trovare il gradimento dei gusti altrui e ritrovare i propri in ciò che si fa, giustificando ciò che è vivo da ciò che è morto. Esistiamo quindi evolviamo conservando la nostra essenza, la naturale espressione dell'intimità.
Valutando il piatto, il filetto di pesce stocco rimane avvolto in una crosta compatta che riesce a trattenere parte dell'umidità. Croccante fuori e morbido quanto basta dentro, ho prestato molta cura alla temperatura e al tempo di cottura. Si rischia di mangiare un pezzo di legno (com'è accaduto per chi ha realizzato il piatto proprio ieri - per fortuna non ero io). L'aceto balsamico, con il suo gusto dolce-acidulo, ammorbidisce il gusto forte e caratteristico dello Stock Fish. L'idea di confezionare questo piatto mi è venuta da una serie di esperienze passate, lavoravo in un ristorante della mia città e uno dei piatti presenti nel menù era "Pesce Stocco alla Picchio Pacchio". Inizialmente mi sembrava un nome di fantasia e non del tutto appropriato alla tipologia del ristorante alquanto raffinato. Una specie di presa per i fondelli alla clientela e a noi operatori. Uno scherzo da parte del patron. Una preparazione semplice che si eseguiva con cottura su "fry top", non troppo breve assieme ad alcuni pomodorini Pachino tagliati a metà, cotti anch'essi sulla piastra liscia. Terminata la cottura, si sistemavano sul piatto e si condivano con olio aromatizzato all'aglio, basilico, sale e pepe nero. Nulla di più semplice. Dopo una ventina di piatti richiesti dalla clientela nell'arco di due settimane, ho iniziato chiedermi se per caso fosse il nome di una ricetta tipica. Era proprio così. Il nome veniva da una salsa di pomodoro tipica dell'agrigentino, semplice, con la sola differenza della presenza, assieme all'aglio, della cipolla. Il pesce cotto a temperature alte, conservava una certa morbidezza, al di fuori della caramellizzazione esterna dei residui zuccherini e all'imbrunimento proteico. Da qui l'idea di utilizzare l'aceto balsamico. L'idea della panatura di semola esterna, invece, mi è venuta da altra ricetta: "Sogliola alla mugnaia". La sogliola infarinata e cotta in burro chiarificato mantiene la sua delicatezza pur avendo il gusto più deciso della farina fritta. Essendo io mediterraneo, ho sostituito il burro con l'olio evo (acronimo di extra vergine d'oliva). L'esperimento si può dire riuscito, anche se, come detto più volte, in generale i primi esperimenti sono passibili di modifiche.

Buon appetito.

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione


La complessità



Proviamo a carpire il profumo che si libera da un vaso o contenitore appropriato nel quale siano alloggiati fiori, spezie, cuoio, legno umido, essenze varie e altro. Ora proviamo ad analizzare olfattivamente il profumo di un mazzo di rose. La differenza dovrebbe essere palese. Nel caso delle sole rose il profumo è intenso (dipende dal numero di rose), ma si percepiscono solo tali fiori. Nel caso del contenitore con molte sostanze il profumo diventa più complesso, e, sebbene siano presenti le rose, s'individuano gli odori delle diverse sostanze odorose in una combinazione più complessa. La stessa situazione si riscontra nel vino. La ricchezza del bouquet del vino garantisce la sua complessità odorosa. Naturalmente non bastano poche inspirazioni per avvertire tutte o parte delle sfumature che il vino riesce a regalare. È necessario più tempo affinché le sostanze si riescano a liberare e, cosa importante, si dovranno eseguire le famigerate roteazioni del bicchiere favorendo una maggiore ossigenazione (indispensabile per abbreviare i tempi di reazione delle sostanze) e, con il vortice creato nel liquido, spingere le molecole odorose verso l'alto con maggiore decisione.

I termini per giustificare la complessità sono:

Carente: un vino nel quale saranno percepite scarsissime varietà di odori. Non è una situazione accettabile.

Poco complesso: solitamente vini giovani, prodotti da uve scarse di sostanze aromatiche. Non si avvertono molte note olfattive anche dopo numerose inspirazioni.

Abbastanza complesso: un vino con una discreta varietà di odori percepibili dopo diverse inspirazioni. Solitamente sono vini giovani con una breve maturazione.

Complesso: si percepiscono in modo chiaro e distinto molte sfumature odorose. In vini maturi, sia bianchi sia rossi, è una situazione frequente, ma anche in vini giovani ottenuti da uve aromatiche.

Ampio: si dice di un vino che presenti numerose sfumature odorose, distinguibili sin dalle prime fasi della nostra valutazione. Si riscontra tale situazione, in vini dal prolungato affinamento e prodotti da vitigni importanti.


Per terminare tale valutazione tecnica, la complessità è data dal bagaglio odoroso di un vino che si riesce a percepire dopo numerose inspirazioni. Le note olfattive si liberano in successione, una dopo l'altra, mostrando tutto il carattere potenziale intrinseco e coinvolgendo i nostri sensi. Si valuta il numero, quindi la quantità, delle note riscontrabili attraverso il nostro organo deputato, il naso.



Continua su questo link: La qualità olfattiva

giovedì 13 maggio 2010

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione


L'intensità olfattiva



Prendiamo il nostro bicchiere e avviciniamolo al naso. L'intensità olfattiva è data dalla forza del profumo che giunge ai nostri recettori olfattivi in modo non forzato, cioè senza alcun movimento del bicchiere. Non dovranno essere valutati, durante questo esame tecnico, i vari sentori, ma solo la potenza del profumo. Per avere un'idea l'odore di una rosa o un qualsiasi altro fiore piuttosto delicato, avrà una determinata forza olfattiva, ma undici o più fiori superano per intensità pur mantenendo la stessa tipologia di profumo. Nel vino accade la medesima cosa.



I termini per giustificare l'intensità sono:


Carente: quando il profumo di un vino e talmente delicato da essere appena percepito. È una situazione non accettabile.

Poco intenso: si dice di un vino dal profumo delicato, poco percepibile al naso.

Abbastanza intenso: è detto un vino la cui intensità è discretamente percepita permettendo una prima valutazione delle sfumature.

Intenso: la forza dell'odore è tale da riuscire anche a valutare con più precisione le note odorose.

Molto intenso: nel nostro bicchiere c'è un vino dall'odore particolarmente avvolgente e spiccato. Si possono notare le sfumature in modo articolato e definito.

Dal primo esame tecnico olfattivo si riesce a intuire la qualità del vino, anche se solo inerente ai profumi, e la sua complessità. Con l'intensità si "ascolta" l'impatto dei profumi in senso verticale per poi passare alla complessità.


Continua su questo link: La complessità

martedì 11 maggio 2010

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione


L'esame olfattivo - Praefatio


 

L'esame olfattivo è quello più complicato. È necessario tanto allenamento per riuscire a memorizzare tutti o parte dei sentori che il vino libera una volta alloggiato nel nostro bicchiere. Per avere una minima idea, in natura esistono centinaia di migliaia di molecole in grado di offrire odori, nel vino queste sono un paio di centinaia (solamente?!). Le note olfattive che il vino ci regala sono svariate e non si fermano ai primi minuti dopo la mescita ma si liberano gradatamente grazie all'ossigenazione. Quando si vedono gli illustri roteare il bicchiere, effettivamente, non esercitano un movimento coreografico, tanto per impressionare chi li guarda, ma lo fanno per diversi motivi. Uno fra questi è appunto l'ossigenazione, cioè si cerca di ossidare le sostanze potenzialmente odorose in modo tale da renderle volatili e che, in caso contrario, resterebbero imprigionate nel liquido. L'ossigeno può essere un acerrimo nemico su tempi lunghi e, contemporaneamente, un socio indispensabile nell'immediato. Altro motivo delle continue roteazioni è la necessità di creare un vortice d'aria che spinga in modo più energico i profumi verso l'esterno per meglio recepirli.
Per capire quali siano le sostanze odorose, si dovrebbe avere un background di chimica organica e a questo potremmo porre rimedio iscrivendoci in una facoltà universitaria di chimica degli alimenti, ma ciò potrebbe essere alquanto complicato. Per semplificare e trovare un escamotage possiamo dire che la maggior parte degli odori è dovuta ad acidi, alcoli, aldeidi, chetoni, eteri, esteri, etc., che subiscono trasformazioni chimiche, grazie anche all'ossigeno, liberandosi nell'aria. Per rendere l'idea: l'odore della cannella è dovuto ad "aldeide cinnamica"; quello della canfora a "terpineolo" (un alcol); quello della rosa a "geraniolo, nerolo, alcol feniletilico"; l'odore della vaniglia è dato dalla "vanillina" un'aldeide aromatica (aromatica non perché volatile, quindi odorosa, ma perché presenta nella propria struttura molecolare un anello aromatico – cicloesano – i termini chimici sono differenti da quelli usati dai comuni mortali), ect.. Il compito del degustatore è quello di riconoscere i sentori odorosi non attraverso la struttura chimica ma attraverso l'emozione che donano e, se non si riescono ad individuare tutti, pazienza, nessuno vi condannerà.
Gli odori percepibili sono diversi in base alla loro natura.
Approssimativamente si dividono in:
Profumi primari: sono odori varietali, cioè quelli caratteristici dell'uva impiegata nella vinificazione.

 
Profumi secondari: dipendono da sostanze che si formano durante i vari processi fermentativi (prefermentativi e postfermentativi).

 
Profumi terziari: sono i profumi che si formano durante la maturazione e l'affinamento in legno. Riescono ad arricchire il bouquet del vino di sentori più complessi.

Il profumo del vino non può essere attribuibile solo alle percezioni dei profumi descritti sopra – primari, secondari e terziari – ma alla reazione delle diverse sostanze, che ricordiamo sono più di 200, tra loro. Il profumo percepito deve essere piacevole e armonioso.

I profumi che possono essere percepiti sono catalogati in gruppi:

Floreali: sono comuni nei vini bianchi e rossi giovani, mentre in quelli più maturi tendono ad affievolirsi e a trasformarsi in odori che ricordano fiori appassiti o secchi. Nei bianchi è percepibile il gelsomino, il biancospino, i fiori d'arancio, etc. Nei vini rossi, i profumi più comuni sono quelli riconducibili alla violetta, alla rosa rossa, all'iris, alla viola mammola. Il bouquet del vino è arricchito anche da altri profumi floreali come l'acacia, il caprifoglio, il geranio, il sambuco, fiori di camomilla, il giglio, etc. I profumi floreali sono forse gli odori di più difficile riconoscimento forse per un limitato bagaglio mnemonico eccezion fatta per i più comuni come rosa o violetta o gelsomino, etc.

 
Fruttati: sono, ancora più dei floreali, quelli riconoscibili in quasi tutti i vini. Anche questi, con la maturazione e affinamento, cambiano trasformandosi in sentori di frutta matura, sotto spirito, confettura, frutta cotta, frutta secca come noci e mandorle, etc. Tra i sentori posso essere percepiti quelli di agrumi (bergamotto, cedro, limone, mandarino, pompelmo, etc.), fragole, prugne, albicocche, frutti di bosco, frutta al forno, frutta candita, frutta essiccata, frutta esotica (mango, ananas, litchi, banana, papaia, etc.), mele, e molti altri frutti. Anche per questi sentori riconoscerli tutti occorre un buon bagaglio mnemonico.

 
Erbacei e vegetali: sono di difficile riconoscimento almeno all'inizio, ma una volta percepiti e memorizzati, vengono riconosciuti come sentori evidenti ed originali. Tra i profumi erbacei e vegetali sono riconoscibili il bosso, la foglia di pomodoro, muschio, funghi, peperone verde (dovuto alle pirazine), tartufo, foglie di fico, erba appena tagliata, etc. Per avere un'idea, "ascoltando" (con il naso), nel Cabernet Sauvignon rosso (nero) si può percepire una nota erbacea e di peperone verde, come anche nel Sauvignon bianco e nel Merlot rosso (nero). In vini come il Barolo e Barbera è riconoscibile il sentore di tartufo.

 
Erbe aromatiche: profumi come la salvia, aneto, basilico, finocchio, lavanda, menta, origano, timo, etc., sono riconoscibili soprattutto in vini bianchi e giovani. Nel Moscato è riconoscibile il sentore di salvia ed è talmente evidente che viene riconosciuto anche dal naso dei degustatori meno allenati.

 
Minerali: ardesia, benzina, ghiaia, inchiostro, pietra focaia, polvere da sparo, salmastro, silice, etc. sono i sentori, non molto numerosi, che caratterizzano, in modo inequivocabile, un vitigno e alcune importanti zone di produzione. Anche questi profumi sono di difficile riconoscimento, ma una volta memorizzati, è difficile non percepirli qualora fossero presenti. Il Nero d'Avola, per esempio, presenta spesso un odore pungente di grafite o salmastro. I Riesling della Valle del Reno sprigionano sfumature di idrocarburi. Alcuni vini prodotti nell'alta Borgogna da vitigni chardonnay presentano evidenti sfumature di pietra focaia. Come possiamo notare, il carattere di un vino è legato alla zona di produzione, alla tessitura e composizione del terreno, alla latitudine e a molti altri fattori che imprimono al vino caratteristiche proprie inconfondibili.

 
Speziati: questi profumi sono di solito presenti in vini maturi. Durante l'affinamento in botti, la continua micro ossigenazione, permette non solo reazioni di ossidoriduzione, anche la cessione da parte del legno di nuove sostanze odorose. Classico esempio sono i sentori di vaniglia dei vini passati in barrique. Si possono percepire odori di spezie anche in vini prodotti da uve particolari che hanno tali caratteristiche intrinseche, come il Gewürztraminer (gewürz in tedesco vuol dire spezie), oppure in vini legati al territorio di produzione come il Syrah prodotto in Borgogna dalle note di pepe nero. Sentori di anice, cardamomo, cannella, ginepro, curry, pepe verde, nero e rosa, vaniglia, zafferano, e altre note speziate possono arricchire il carattere olfattivo di un vino.

Tostati: sono riconducibili molto spesso all'evoluzione del vino. Le note olfattive di cacao, caffè, cioccolato, noci, mandorle, pane tostato, tabacco, arricchiscono il vino di profumi delicati e piacevoli anche se, alle volte, sono presenti odori più forti, come il goudron (catrame) un po' meno piacevole. Anche in questo, il legame con il territorio, gioca sempre un ruolo fondamentale. In quanto a vino non esistono regole fisse ma molte variabili.

 
Animali: le reazioni di ossido riduzione con la conseguente formazione di sostanze sempre nuove, portano a risultati particolari, a volte interessanti altre meno. Alcuni di questi sentori sono l'odore del cuoio, della pelliccia, delle piume, di selvatico, di lana bagnata, etc.

 
Eterei: con queste note olfattive si arriva alla massima evoluzione di un vino spesso legato al riposo prolungato in bottiglia. Contribuiscono a completare la complessità di un vino donando eleganza le sfumature di cera, iodio, smalto, sapone, ceralacca, medicinale, etc.

 
Altri profumi possono essere percepiti regalando sensazioni nuove dalle precedenti come il profumo di burro in alcuni vini bianchi passati in barrique, o l'odore del legno in vini rossi dopo un riposo in tonneau (botte grande). Odore di pane e lievito sono spesso percepiti in vini che sono stati a lungo a contatto con i propri lieviti, come nei vini spumanti durante la rifermentazione in bottiglia. Nei vini passiti è solitamente riscontrabile odore di miele che è anche presente in vini bianchi secchi, e se poi vogliamo stupire noi stessi potremmo individuare le caratteristiche del miele percepito, se di acacia, se di castagno, se di eucalipto…

 

 
Continua su questo link:  L'intensità olfattiva

 

 

 

 

domenica 9 maggio 2010

Calamaretti ripieni in agrodolce


Come il tempo anche noi siamo variabili, e, come l'umore, le nostre preparazioni sono soggette a variabili o… varianti. I molluschi cefalopodi, come i calamaretti, possono essere preparati in moltissimi modi. Io ho scelto di prepararli ripieni e accompagnati da una cipollata in agrodolce. Una scelta guidata dalle radici, non intendo delle piante, ma radici culturali. L'agre dell'aceto e il dolce per attenuare la prima sensazione gustativa, per crearne una nuova.
Noi siciliani siamo condizionati dalla cultura acquisita in millenni di dominazioni e abbiamo modellato lentamente anche il nostro gusto. Questo contrasto spiccato rievoca, usando parecchia immaginazione, le figura di antichi guerrieri venuti dal mare (effettivamente, essendo un'isola, la Sicilia, non ci si può aspettare il trasporto via aerea, soprattutto in periodi dove i quadrupedi e le imbarcazioni erano il solo mezzo di trasporto), con le scimitarre ricurve alla cintura, il turbante sul capo e tantissima cultura ancora sconosciuta. Potrà apparire come un'introduzione presa molto larga, forse attinta troppo indietro nei tempi, ma ancora oggi vengono scritti libri su quel periodo in cui le civiltà greca, latina e araba, sono venute a contatto con noi. Non possiamo negare che il popolo siciliano abbia avuto in eredità fattori positivi, segreti e alcune abitudini riscontrabili, ancora oggi, nella gastronomia. Parlo, per esempio, del libro "Alla tavola di Yasmina – Sette storie e cinquanta ricette di Sicilia al sapore d'Arabia", per la cui introduzione si è disturbato Andrea Camilleri. Un romanzo tra leggenda, fantasia e storia, condito da molte ricette abbastanza personalizzate dalle due autrici, ma con radici che affondano proprio in quel periodo (1075 d.C.).
La ricetta non è presa dal libro ma è frutto delle mie conoscenze. I calamaretti sono puliti e spellati ripieni di un impasto fatto con:
Pangrattato.
Branchie e i ciuffi dei calamaretti.
Olio evo aromatizzato all'aglio.
Capperi dissalati.
Acciughe.
Un pugno di grana grattugiato.
Prezzemolo.
Sale e pepe nero q.b.

 
Scaldo l'olio aromatizzato all'aglio, ottenuto facendo macerare uno spicchio di aglio tritato nell'olio per un paio di ore, cosicché da trasferire l'aroma di aglio senza effettivamente averlo nella preparazione. Aggiungo all'olio ben caldo le acciughe (sette filetti e comunque in base alla quantità o al proprio gusto) che si scioglieranno completamente. Aggiungo le branchie con i ciuffi tagliati in piccoli pezzi e lascio cuocere per qualche minuto fino ad avvenuta cottura. Non aggiungo sale perché sostituito dalla sapidità delle acciughe. Lascio raffreddare. Aggiungo le branchie con l'olio al pangrattato e inizio a impastare. Aggiungo il grana, il prezzemolo, i capperi dissalati e un po' di acqua per ammorbidire l'impasto (non molta, quel tanto che basta per inumidire ulteriormente). Sale e pepe nero. È conveniente assaggiare il ripieno per verificare la sapidità (possiamo sempre aggiustare a piacimento). I calamaretti puliti e spellati in precedenza sono ora pronti per essere riempiti con l'impasto. Chiudo con degli stuzzicadenti e metto da parte.
Taglio diverse cipolle bianche. Le soffriggo in abbondante olio e, una volta dorate, aggiungo l'aceto bianco (circa mezzo bicchiere), un cucchiaio colmo di zucchero e lascio cuocere qualche minuto. Assaggio il soffritto di cipolla e aggiusto di sale (deve sentirsi il contrasto tra dolce, salato, e acidulo). Aggiungo i calamaretti alla cipollata assieme ad un po' di acqua calda e lascio cuocere per una decina di minuti coprendo con un coperchio. Passati i dieci minuti e specifico che il tempo di cottura dei calamaretti ripieni può variare in base alla pezzatura (più piccoli sono minore sarà il tempo di cottura), tolgo i molluschi e li metto da parte. Posso a questo punto porre eventuali correzioni alla cipollata. Se troppo liquida, prolungo la cottura. Se l'agrodolce non è come voluto, posso aggiungere altro aceto o altro zucchero. Ricordo che possiamo aggiustare per difetto quanto vogliamo, aggiungendo fino al dovuto qualsiasi ingrediente, ma aggiustare per eccesso viene sempre più complicato sebbene sia possibile, quindi moderazione! L'ultimo accorgimento è di riscaldare i calamaretti nella stessa cipollata qualche secondo a fuoco vivo prima di servire. Io preferisco servirli caldi, anche se possono essere gustati altrettanto bene a temperatura ambiente.
In abbinamento potrà essere servito un vino, preferibilmente bianco, con un buon tenore alcolico, media freschezza, sapido, con una buona persistenza. Un grillo potrebbe andare.

 
Buon appetito.

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione


La consistenza




L'ultima caratteristica da valutare durante l'analisi visiva dei vini fermi o leggermente mossi, cioè con sottile presenza di anidride carbonica, è la consistenza. Da tale valutazione si possono trarre informazioni sulla quantità di alcol e sostanze estrattive o evidenziare possibili malattie che potrebbero colpire soprattutto i vini bianchi, come la filante. In ogni caso, la consistenza non è sempre legata alla qualità del vino. Le sostanze disciolte nella soluzione idroalcolica sono moltissime, ma quelle che principalmente contribuiscono alla densità del vino sono: primo fra tutti l'alcol etilico (anche metanolo, propanolo, e comunque gli alcoli monovalenti) seguono gli acidi, gli alcoli polivalenti (come il glicerolo, conosciuto come glicerina), i tannini, l'eventuale presenza di zuccheri monosaccaridi e polisaccaridi (nei vini da dessert e passiti la consistenza è più accentuata), i sali minerali. La tecnica per valutare la consistenza è quella di far roteare brevemente il bicchiere permettendo al vino di salire sulle pareti dello stesso e osservare cosa accade nel fermare tale movimento. Con il residuo di vino rimasto sulle pareti, si formano delle gocce, dette lacrime, che scendono più o meno velocemente e più o meno regolarmente. Tale effetto, detto effetto Marangoni, è dovuto principalmente alla presenza di alcol, che evaporando aumenta la densità dello strato liquido creando una maggiore tensione in superficie. Lo spazio che intercorre tra una lacrima e l'altra è detto archetto. Maggiore è la distanza minore è la densità.
Per ricapitolare, se le lacrime scendono verso il fondo velocemente e in modo disordinato e lo spazio tra una lacrima e l'altra è ampio, il vino è poco consistente; se le lacrime ritornano sul fondo lentamente e in modo regolare e gli archetti sono stretti, il vino è consistente e quindi si può supporre una maggior presenza di alcol e di sostanze estrattive. La consistenza può essere influenzata anche da fattori esterni al vino stesso, come impurità sulle pareti del bicchiere o trattamenti in lavastoviglie con brillantati, quindi è opportuno prestare attenzione allo strumento della nostra degustazione, magari sciacquando con acqua e asciugandolo per bene con un tovagliolo di carta assorbente o altro ma che non rilasci fibre.
I termini per giustificare la consistenza di un vino sono:
  • Fluido: è un vino che scende sulle pareti del bicchiere in modo scorrevole, simile all'acqua. Solitamente è un fattore negativo dovuto a intense lavorazioni.
  • Poco consistente: è detto un vino che scende in modo lieve con lacrime veloci e archetti ampi. Si riscontra in vini con scarsa struttura e un po' sbilanciati verso caratteristiche di durezza (acidità, etc.), con poca presenza di alcol etilico.
  • Abbastanza consistente: è detto di un vino che ritorna verso il fondo con moderata fluidità, con lacrime relativamente veloci e archetti di media ampiezza. Solitamente sono vini che presentano un discreto equilibrio, discreta struttura e presenza di alcol.
  • Consistente: è un vino ricco in alcol e una buona struttura, presentano in genere caratteristiche evidenti di morbidezza. Le lacrime sono lente e regolari e gli archetti fitti.
  • Viscoso: è un vino dalla consistenza sciropposa. Le lacrime sono molto lente e gli archetti molto stretti. Si riscontra solitamente in vini liquorosi dolci, passiti e da dessert. Qualora tale consistenza fosse riscontrata in casi differenti dai precedenti, sarebbe da considerarsi un fattore negativo dovuto ad eventuale malattia.
Con tale valutazione termina l'analisi visiva di un vino in degustazione e ci si può dedicare alla successiva e ancora più complessa valutazione olfattiva, per la quale riservo il prossimo capitolo della mia breve (mica tanto) rubrica "Vino ai Ciclopi". Come si può notare da queste prime battute, conoscere il mondo del vino è abbastanza complesso e richiede impegno e fatica ricompensata da altrettanta soddisfazione nel saper degustare il nostro prezioso "nettare celeste".


Continua su questo link:  Esame olfattivo - Praefatio

venerdì 7 maggio 2010

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione



Il colore



Il colore è una caratteristica evidente che colpisce immediatamente chi osserva il vino e la cui valutazione dà informazioni caratteriali a riguardo.
Come sappiamo il colore è dato da sostanze fenoliche (sia esse acidi, sia polifenoli, etc.) presenti nelle bucce degli acini dalle quali si trasferiscono al vino per macerazione. Durante la vinificazione in rosso, appunto, la macerazione, che può variare per tempo in base al vino prodotto, permette la cessione delle sostanze (in questo caso pigmentanti) tra le quali: malvidina, cianidina, peonidina, petunidina e delfinidina. Per i vini rosati tale macerazione è parziale e breve, ossia minor contatto in termini di tempo del mosto con le bucce. In Italia il metodo della vinificazione dei rosati sarà sempre effettuato con uvaggio misto (uva bianca e rossa) e solo ottenuta con macerazione breve. La vinificazione in bianco può essere ottenuta con uvaggio misto, ma sempre senza macerazione.
Si dovrà osservare l'intensità, la tonalità e la vivacità del colore.
L'intensità è dovuta alla quantità delle sostanze pigmentanti presenti nel vino e a fattori fissi come l'ambiente pedoclimatico, la latitudine, la tessitura del terreno, etc., e fattori variabili come la quantità di piogge, la tecnica di vinificazione, la durata della macerazione e della fermentazione, l'affinamento in barrique.
La tonalità è dovuta alla qualità delle sostanze presenti nel vino quali: i pigmenti, il grado di ossidazione degli stessi e il pH cioè l'acidità. La tonalità è la caratteristica che ci permette di individuare anche l'età del vino detto "stato evolutivo".
La vivacità è un fattore importante per riuscire a individuare la qualità del vino sia in precedenza alla produzione (la salute dell'uva) sia durante la vinificazione (scelta dei metodi di lavorazione) e l'efficacia della conservazione. Con il tempo e con l'allenamento si riuscirà a comprendere quali pregi o difetti potrebbero presentarsi nel vino osservato e per poi confermare le nostre intuizioni dalle successive analisi organolettiche.
I termini per giustificare il colore dei vini bianchi sono:
  • Giallo verdolino: è una tonalità che si presenta nei vini bianchi giovani, leggeri e freschi, un po' sbilanciati verso la freschezza (acidità) piuttosto che verso la morbidezza (polialcoli). Questa tonalità, che si può definire giallo tenue, presenta forti riflessi verdi, i quali, dopo il primo anno, tendono a scomparire. È caratteristica dei vini bianchi, molto giovani, prodotti con uve non del tutto mature, aciduli, poco morbidi e che potrebbero aver subito tecniche di filtrazione e chiarificazione.
  • Giallo paglierino: è una tonalità riscontrabile nella maggior parte dei vini bianchi ancora giovani e abbastanza in equilibrio tra acidità e morbidezza. Solitamente sono prodotti da uve abbastanza mature con un discreto se non buon rapporto acidi/zuccheri. La tonalità in questione ricorda il colore della paglia.
  • Giallo dorato: è una tonalità caratteristica dei vini bianchi più maturi con un rapporto freschezza/morbidezza a favore della seconda. Sono prodotti con uve del tutto mature o leggermente più mature ed è possibile che vengano brevemente macerate sulle fecce prima della vinificazione con fermentazione ed eventuale affinamento in botti di legno. Questa tonalità ricorda il colore dell'oro giallo e una vivacità cupa o assente è indicativa di un'evoluzione negativa dovuta a rovinosi stati ossidativi.
  • Giallo ambrato: tipica tonalità dei vini bianchi passiti e liquorosi, molto più morbidi che freschi (aciduli). Ricorda il colore dell'ambra e del topazio. Come per i precedenti la vivacità cupa e spenta è indice di negatività ma non come nei casi precedenti. L'ossidazione dei pigmenti, in questi casi, è voluta ma la vivacità deve essere lucente e fresca.
I termini per giustificare il colore dei vini rosati sono:
  • Rosa tenue: tale colore ricorda i fiori di pesco o, come dice il nome stesso, la rosa. Solitamente tali vini sono prodotti da uve a bacca nera e sottoposti a breve macerazione. I riflessi violacei sono indicativi della giovinezza del vino, mentre se sono ramati o che ricordano la buccia di cipolla, potrebbe essere stato prodotto con vinificazione in bianco da uve con pigmenti delicati.
  • Rosa cerasuolo: è una tonalità più profonda rispetto al rosa tenue dovuta ad una macerazione leggermente più lunga. Ricorda il colore della polpa di alcune varietà di ciliegie.
  • Rosa chiaretto: è una tonalità che si avvicina a quella dei vini rossi ma ancora più tenue. Sono ottenuti con macerazione sulle bucce ancora più prolungata rispetto ai precedenti vini rosati.
I termini per giustificare il colore dei vini rossi sono:
  • Rosso porpora: è una tonalità che ricorda il colore delle vesti dei cardinali. Si riscontra in vini giovani un po' squilibrati a favore delle durezze (acidità, astringenza, sapidità). Il colore rosso porpora intenso presenta riflessi violacei.
  • Rosso rubino: questa tonalità ricorda il colore dell'omonima pietra e, solitamente, corrisponde a un buono stato di salute. Si riscontra nella maggior parte dei vini abbastanza giovani con un buon equilibrio tra le durezze e le morbidezze (eventuale presenza di zuccheri, alcolicità e morbidezza).
  • Rosso granato: è tonalità dei vini più maturi, con caratteristiche di morbidezza più evidenti. Ricorda il colore del sangue se più compatto, mentre, se più trasparente, quella del melograno.
  • Rosso aranciato: è una tonalità particolare dei vini rossi da lungo invecchiamento e molto morbidi. Il colore ricorda quello dei mattoni con riflessi aranciati. Se questa tonalità è spenta o si riscontra in vini giovani, è spesso indice d'invecchiamento precoce o stato ossidativo degradante.





Continua su questo link:   La consistenza

giovedì 6 maggio 2010

Ciambella al Cioccolato con Glassa Bianca all’Arancia e Bucce semi candite



 

Ormai è risaputo, i dolci non sono considerati alimenti essenziali ma voluttuari. Servono per il piacere della gola. Tra gli amanti della buona tavola circola una massima: "Una minestra calda scalda la pancia, un bicchiere di vino scalda il cuore, un dolce scalda l'anima". Non possiamo negare che quanto affermato da questo fantomatico buongustaio, sia la pura verità. A me è capitato più volte di mangiare un dolce qualsiasi e poi di sentirmi meglio d'umore. C'è una spiegazione scientifica, ma questa è un'altra storia.

I fatti sono salienti: i dolci mettono allegria!

Dolce asciutto, ossia senza crema, al cioccolato fondente, ricoperto di glassa al succo di arance siciliane, assolutamente, non trattate. Per la verità offerte gentilmente dal proprietario di un giardino privato che le aveva destinate alla propria tavola - le stavo quasi per rubare, ma fortunatamente il proprietario era in loco e ha perdonato il mio intento malevolo. Doveva essere un cristiano praticante - naturalmente scherzo, non sono riuscito nel proposito, sebbene l'idea mi sia balenata. Il cristiano sono io: "Chiedete e vi sarà dato"…e funziona!

Per finire la guarnizione bucce delle stesse arance premute, semi candite. La tradizione della pasticceria si perde nella notte dei tempi. Preparazione Mediterranea genuina ad esclusione del cioccolato, originario delle Americhe, che è, ormai da qualche secolo, alimento mondiale senza frontiere, come è avvenuto per il vino nella direzione opposta.

Uova, farina bianca, amido di grano, zucchero, vaniglia, cioccolato fondente, arance, qualche grammo di burro…..una bomba calorica ma piacevole e saziante - non ci dovremmo meravigliare delle colazioni iper proteiche, iper lipidiche e iper glucidiche della gente anglosassone, in pratica la nostra è molto simile per apporto di nutrienti anche se presentata con altra forma. Questo dolce, che nella foto è appena ultimato, è destinato a un'asta scolastica per il mio Valentino.

Post del post: la ciambella è scomparsa. Non potevo chiedere di meglio. Il piatto è sicuramente destinato per la colazione o per uno spuntino pomeridiano…. Naturalmente una piccola porzione.

La bevanda da abbinare è una freschissima spremuta d'arancia… ogni tanto si deve pure rinunziare a qualcosa, no?

mercoledì 5 maggio 2010

VINO AI CICLOPI breve guida alla degustazione




Vino ai Ciclopi la feconda terra produce col favor di tempestiva pioggia, onde Giove le nostre uve ingrossa: " Ma questa è ambrosia e nettare celeste ".


Odissea l. IX v.v. 455-458



Irruento, prestigioso, morbido, caldo, secco, fresco, maturo e pronto, complesso, persistente, astringente, elegante, nobile, spigoloso, sapido, dolce, immaturo.
Alcuni degli aggettivi che sono usati per descrivere il vino.
Siamo bombardati da informazioni sul vino, da professionisti che lo elogiano o che lo disprezzano. Mi sono chiesto per molto tempo quali fossero i parametri utilizzati dai professionisti per "accoppiare" un vino a una pietanza, quali per descriverne le qualità e i difetti. Ho soddisfatto questa mia curiosità. Ora so. Ora capisco. Ora sono pienamente cosciente. Casa è servito? Fatiche, tempo, studio, letture, investimenti economici, continui assaggi, delusioni , amarezze, piccole soddisfazioni. Il mondo del vino è una materia dai confini larghissimi in continua espansione. Un modo per conoscere anche un po' di storia umana. Il vino, e non intendo il bere ma quella materia che tratta il prezioso liquido e che raggruppa una serie di altre materie scientifiche, umanistiche e giuridiche, non ti annoia. Scopri nuovi aspetti, informazioni sfuggite in precedenza, il piacere di stare in tavola con altri commensali per gustare, per conoscere, per estrapolare con parole le sensazioni date da un vino, a volte oggettive e a volte soggettive (non vogliamo arrogarci la pretesa di essere professionisti). Lasciamoci trasportare dalle emozioni che il nostro nettare stimola in noi, anche se tale affermazione sarebbe contraria a quanto affermano le eccelse associazioni. Le percezioni sensoriali sono soggettive e sono recepite in base alla propria fisiologia degli organi (minori recettori, disosmia, anosmia), all'addestramento, alla memoria. Il vino è poesia mista a un po' di magia, è alchimia, è cultura.
A ogni consumatore, o meglio amatore del vino servono, come abbiamo detto, doti sensoriali abituate a percepire le più piccole sfumature che la bevanda idroalcolica presenta e, per potersi esprimere a riguardo, ci si basa su parametri e termini ben stabiliti rendendo universale il linguaggio enologico.
Parliamo di un vino rosso, bianco o rosato, escludendo momentaneamente i vini spumanti.
Apriamo una bottiglia, versiamo il vino in un bicchiere e il primo senso che viene interessato è la vista contemporaneamente all'udito. Il suono che il vino produce cadendo nel bicchiere ci fornisce un accenno sulla consistenza che dovrà essere confermata da successive osservazioni. Per avere l'idea consideriamo i due opposti esempi: l'acqua che cade in un bicchiere contrapposto a un qualsiasi sciroppo, non emettono lo stesso suono. L'acqua è fluida mentre lo sciroppo è denso. Nel vino è raro riscontrare la densità dello sciroppo (caratteristiche di fluidità al contrario sono più comuni), ma per dare un'immediata immagine di cosa stiamo valutando tali esempi sono esaustivi.
Andando per gradi la prima analisi effettiva è quella "visiva" e i parametri che si devono memorizzare sono in questa successione:

La limpidezza



I termini per giustificare sono:
  • Velato
  • Abbastanza limpido
  • Limpido
  • Cristallino
  • Brillante
Questa è la prima e importantissima analisi "sensoriale" che dovrà essere eseguita su un qualsiasi vino. Da tale osservazione si potrà stabilire a impatto se il vino è affetto da malattia (link di riferimento), si potranno evidenziare alcune pratiche di vinificazione come la filtrazione, la refrigerazione (le basse temperature, -3/-5°C, favoriscono l'insolubilizzazione dei tartrati, che precipitano consentendone l'eliminazione). Non sempre la presenza di particelle in sospensione è indice negativo, potremmo imbatterci in un vino con invecchiamento in bottiglia prolungato (20 o più anni) e che potrebbe presentare particelle e torbidità dovute ai sedimenti naturali e passati accidentalmente nel bicchiere dopo una decantazione. Non diamo nulla per scontato, ogni regola ha le proprie eccezioni e comunque, per sommi capi, un vino che presenta velature evidenti è sempre un vino inaccettabile. La trasparenza del vino, soprattutto in quelli rossi con forte colorazione (esempio è il vino prodotto con Nero d'Avola, Ancellotta, Barbera), gioca un fattore importante. A volte le sostanze pigmentanti presenti nel vino potrebbero trarre in inganno sulla limpidezza. È opportuno, in tal caso, orientare il bicchiere verso fonti luminose in modo tale da osservare la quantità di luce che lo attraversa e verificare l'assenza o presenza di eventuali torbidità. I termini "cristallino" e "brillante" sono utilizzati per indicare la limpidezza dei vini bianchi, rosati e spumanti.
Ricapitolando:
  • Velato: con tale termine si indica un vino con forti opacità ed evidenti torbidità. In genere si tratta di vini che hanno subito trasformazioni chimiche, fermentazioni non previste, etc.
    È una condizione non accettabile.
  • Abbastanza limpido: si indica un vino che presenta qualche particella e può essere considerato non compromesso. Come abbiamo detto, potremmo imbatterci in un vino d'annata (lunghi affinamenti in bottiglia) o vini rossi non filtrati e ricchi di agliconi (es. malvidina – aglicone delle antocianine), etc., in tutti gli altri casi si deve nutrire qualche sospetto.
  • Limpido: si indica un vino che non presenta alcun deposito. Solitamente è sinonimo di stabilità chimico-fisico-biologica.
  • Cristallino: si indica un vino, solitamente bianco e rosato, totalmente privo di particelle e la cui trasparenza dona intense luminosità.
  • Brillante: si dice di un vino che, oltre a non presentare alcuna particella, è dotato di una particolare lucentezza e vivacità nel riflettere i raggi luminosi. Si indicano con tale termine i vini dotati di anidride carbonica, sia mossi sia spumanti, che, con il loro perlage, riescono a riflettere con maggiore intensità la luce.

Continua su questo link:   Il colore

domenica 2 maggio 2010

Frutta Mare Street food Restyling - Bloggatore


Saltellando di sito in sito, mi sono imbattuto in uno in particolare, Il Bloggatore, un aggregatore di blog che permette di esplorare migliaia di preparazioni gastronomiche create da appassionati iscritti. Trovate il collegamento in alto a sinistra della pagina. Io grande appassionato, genio incompreso dei fornelli (qualcuno ancora dubita delle mie doti), esploratore instancabile, potevo non iscrivermi? Ora ricevo giornalmente una mail con una ventina di post pubblicati dai miei colleghi web e autori di blog, tanto per tenersi informati sui frutti dei palati più fini.

 

Il nostro Renzo Arbore nazionale è un grande amante della buona cucina e, tra tanti viaggi dovuti alla sua professione, si coccola andando per mercati, dal Nord al Sud, gustando le specialità locali. Chi se non uno che ha scelto come professione quella del nomade può essere interpellato da giornalisti sul mondo della gastronomia? Cito testualmente: "Tra tante cucine – altissime cucine, alte cucine, medie cucine, basse cucine, cucine della famiglia, cucine regionali - io ho una particolare inclinazione atavica, nata nei miei anni verdi, per la cucina di strada". E ancora: "Ben venga lo street food proposto nei ristoranti che non hanno… la puzza sotto il naso!" (da intervista pubblicata su "A Tavola" rivista specializzata, gennaio 2009).
La citazione del mitico Renzo mi trova pienamente d'accordo ed è per questo motivo che ho voluto confezionare il piatto in oggetto, unendo diversi sapori e stili di cucina, realizzato con prodotti mediterranei e destinato come antipasto o come secondo. Per riprendere la linea della frutta come coprotagonista ed essendo Maggio, ho voluto unire: Fragoloni fritti in pastella alla Malvasia, Panelle Palermitane e Gamberoni Sesamati. Fusione del bistrattato street food, le panelle, classica preparazione di farina di ceci fritta che viene venduta sulle strade di Palermo, frutta di stagione fritta, non più caratteristica della cucina orientale, in una pastella preparata con uno dei più grandi vini siciliani, la Malvasia, e per finire Il gamberone fritto con semi di sesamo. Il sesamo è originario dell'India ma è coltivato in zone tropicali e sub–tropicali dell'Asia, Africa e, in piccoli appezzamenti, anche in Sicilia.
Al palato si nota l'insieme di sensazioni contrastanti, piacevoli e delicate. Salato, dolce-acido della fragola, amaro dovuto ai semi di sesamo fritti, e poi l'odore di mare del gamberone, i profumi della Malvasia e un tocco di speziato dal pepe nero. La frittura, fatta esclusivamente con olio d'oliva extravergine (EVO acronimo utilizzato per indicare extra vergine d'oliva), è fatta con olio nuovo e pulito, essenziale per una frittura delicata e sana. 
Come abbinamento ho utilizzato il rimanente vino usato per la pastella, Malvasia delle Lipari, non quello passito. Colore giallo oro luminoso, sentori di frutta fresca e ginestra, gusto ampio, dolce e persistente. Che cosa pretendiamo di più? Altro che "Lucano"….
Buon Appetito.