La nostra attività

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lunedì 12 luglio 2010

VINO AI CICLOPI Breve guida alla degustazione


Analisi gusto olfattiva: l'acidità o freschezza





Gli acidi, assieme all'acqua, sono i composti più abbondanti nel vino.
Nel vino sono presenti diversi tipi di acidi che, di conseguenza e in base alla loro concentrazione, influenzeranno le caratteristiche organolettiche. Principalmente sono responsabili della sensazione della freschezza al palato che può essere in parte avvertibile in base al pH, alla forza di penetrazione degli stessi, alla qualità e quantità.
Gli acidi organici presenti nel vino sono numerosi ma quelli che entreranno attivamente nella condizione organolettica sono: l'acido tartarico, l'acido malico, l'acido citrico, il succinico, lattico, propionico, l'acido acetico. Sebbene ve ne siano presenti altri, gli acidi in precedenza menzionati, sono i più importanti, in quanto, con la loro concentrazione abbastanza alta, contribuiscono alla caratteristica "freschezza".
Gli acidi organici non hanno la stessa genesi o natura. Quelli presenti nell'uva e che saranno trasferiti al vino durante la pigiatura e macerazione (acidi prefermentativi) sono:

L'acido Tartarico: è presente nell'uva in alte concentrazioni (2-5 g /l) ed è definito "Spalla dell'acidità". Ha un sapore duro e un po' aspro.

L'acido Malico: presente nell'uva in concentrazioni piuttosto alte ma con un intervallo più ampio del tartarico (0-5 g/l). Anche quest'acido organico ha un sapore aspro. Si trova in frutti acerbi come la mela verde e nelle uve coltivate in zone fredde.

L'acido Citrico: sebbene sia presente in concentrazioni basse (0-0,5 g/l), la sua presenza si fa notare in bocca donando la sensazione citrina e acidula piuttosto pungente tipica negli agrumi.

Gli acidi organici che si formano durante le fasi di vinificazione (acidi postfermentativi) sono:

L'acido Lattico: è un prodotto della fermentazione "malolattica". La fermentazione malolattica è un processo chimico, che può avvenire spontaneamente nel vino a causa del rialzo termico (18-24°C) solitamente durante la primavera successiva alla vinificazione, per opera di alcuni batteri lattici (Leunostoc, Pediococcus e Lactobacillus). Tale processo è favorito da un pH non molto basso (da un pH 3.2-3.4), da una concentrazione di anidride solforosa limitata e da una percentuale di alcol etilico inferiore al 15%. Sempre più spesso, la fermentazione in questione è guidata con l'utilizzo di colture selezionate di batteri che riescono a trasformare una molecola di acido malico in una di acido lattico e una di anidride carbonica con una conseguente diminuzione dell'acidità totale e una sensazione in bocca più morbida ed equilibrata. Per tale motivo, l'acido lattico, è definito l'acido dolce del vino.
COOHCH₂CHOHCOOH (acido malico) in CH₃CHOHCOOH (acido lattico) + CO₂

L'acido Succinico: è una sostanza secondaria che si forma durante la fermentazione alcolica. La sua concentrazione è di 0.1-0.5 g/l. Determina una sensazione piuttosto amara e sapida.

L'acido Acetico: si forma durante la fermentazione alcolica. La sua presenza e concentrazione è importante ai fini organolettici, in quanto, se la sua presenza non supera il valore di 0.2-0.5 g/l, la situazione è considerata normale ed accettabile, se invece, a causa di accidentali fermentazioni causate da batteri acetici la sua concentrazione dovesse salire al valore di 1 g/l, la situazione sarebbe inaccettabile classificando il vino affetto da spunto o acescenza. Solitamente l'acido acetico è presente, in condizioni normali, tra lo 0.1- 0.2 g/l. È un acido volatile avvertibile al naso e dal caratteristico odore pungente e acre.

Dopo la breve spiegazione degli acidi più importanti ai fini della valutazione organolettica per la freschezza in un vino, passiamo ai termini usati per giustificarne la percezione.

Questi sono:

Piatto, quando in un vino non si percepisce alcuna freschezza gustativa causata dalla mancanza di acidità. In genere sono vini vecchi o affetti da patologie. È un vino compromesso quindi da scartare.

Poco Fresco, è indicato un vino nel quale si percepisce una leggera sensazione di acidità e che provoca una tenue salivazione. Solitamente sono vini maturi e accettabili.

Abbastanza Fresco: è un vino con una discreta evoluzione, nel quale si percepisce una discreta e piacevole sensazione di acidità che garantisce una buona salivazione.

Fresco, è un vino solitamente giovane (es. i vini novelli), nel quale la percezione dell'acidità è decisa con una salivazione abbondante.

Acidulo, è un vino nel quale si percepisce una spiccata e predominante sensazione di acidità. In genere si tratta di vini ottenuti da uve poco mature o da vitigni con una forte acidità. La salivazione è abbondante e fluida con una leggera contrazione gengivale. Può essere una caratteristica di pochi vini come l'Asprinio di Aversa o i Vini Verdi del Portogallo che rappresentano le eccezioni. In tutti gli altri casi è una situazione inaccettabile.

La caratteristica organolettica imputata all'acidità è la secrezione di abbondanti liquidi salivari. Tale proprietà concorre nella scelta degli abbinamenti cibo-vino. Il tenore acido deve avere livelli equilibrati rispetto a tutte le sostanze presenti nel vino e, come si evince dai termini per giustificarne la percezione, un vino con scarsi acidi o con troppi rappresenta sempre un problema ai fini di una buona degustazione.

Continua…

sabato 10 luglio 2010

CESTINI DI INDIVIA SALTATA






È estate e lavorare in cucina, sempre che non si abbiano ottimi motivi per farlo, del tipo lavori su ordinazione ben remunerati o inviti programmati, è un'attività da evitare. Tuttavia, per chi ha la necessità o la passione, sarebbe una privazione troppo costrittiva chiudere la cucina per il proprio restauro fisico e mentale.
Se avete voglia di realizzare un antipasto fresco e particolare potreste cimentarvi in questa preparazione che ho preparato in occasione di un pranzo di cresima.
Un antipasto sfizioso e soprattutto presentato in cestini di grana fuso e rimodellato.

Ingredienti per sei persone:

200 g di grana grattugiato ca. (per la realizzazione dei cestini).
1 cespo d'indivia riccia (dipende dalla sua grandezza).
50 g di pinoli
20 g di uva sultanina
1-2 bicchieri di vino bianco
Olio evo q.b.
Sale q.b.


S'inizia pulendo l'indivia riccia, anche detta scarola, staccando le foglie dal cuore intere, cioè per tutta la loro lunghezza, e dopo un accurato lavaggio si prosegue con la lessatura in poca acqua salata. Dopo circa 10-15 minuti di ebollizione si possono scolare per bene cercando di eliminare buona parte dell'acqua, magari con delle leggere pressioni, temperatura permettendo.
Ora metterete in ammollo l'uva sultanina in acqua tiepida, per farla rinvenire.
Provvedete a realizzare i cestini di grana. Dotatevi di una tazza con i bordi bassi (tipo quella usata per il tè), che servirà per dare la forma al cestino, di una padella antiaderente, assolutamente con il fondo integro, e cospargete il grana sfaldato (per evitare grumi interi) su uno strato omogeneo. Ponete la padella su fuoco moderato e attendete che inizi a fondere il formaggio. Quando il grana inizia a fare delle piccole bollicine, ci siete quasi. Aiutatevi con una spatola di legno o materiale plastico, e staccate lo strato di grana, che nel frattempo si è unito, e immediatamente appoggiatelo sulla tazza. Calate con cura la parte centrale del disco ancora caldissimo dentro il fondo della tazza cercando di dare forma alle estremità. Aspettate che si raffreddi completamente prima di toglierlo dalla tazza. L'effetto è meraviglioso e, anche se il confezionamento sarà doloroso per via della temperatura alta, tale preparazione, assolutamente commestibile, potrebbe essere utilizzata per vostre diverse creazioni. Comunque per evitare inutili perdite di tempo, fornitevi di una seconda tazza e proseguite il confezionamento dei cestini.
Ora è il momento di insaporire l'indivia. Mettete l'olio in una padella grande abbastanza da contenere una buona quantità di verdura, e iniziate a soffriggere i pinoli e l'uvetta sultanina, in precedenza strizzata, su fuoco vivo. Aspettate qualche minuto e aggiungete l'indivia. Proseguite la cottura qualche altro minuto e sfumate con il vino bianco. Appena asciugato il vino, potete correggere di sale e se tutto è perfetto, avvolgete con una forchetta una presa di verdura e ponetela in un cestino di grana. Impiattate e servite.
In questa specifica occasione ho voluto presentare la serie di antipasti, tra i quali anche i cestini in oggetto, abbinati a un Prosecco Valdobbiadene, freddo al punto giusto.





Buon appetito.

venerdì 9 luglio 2010

Brasato con riduzione di Sangiovese (Umbro)





Il Brasato non è da intendersi un taglio di carne ma, com'è risaputo, una tecnica di cottura particolare e complessa poiché un po' lunga. Mi spiego, per raggiungere il nostro obiettivo dovremo essere pazienti e accurati, cuocendo il tutto a temperatura bassa con tempi che superano l'ora e trenta. Per questo tipo di preparazione dovrete scegliere un taglio di carne adeguato: per esempio controgirello o sottofesa, lacerto o girello per i tagli più pregiati del quarto posteriore, oppure petto grosso o punta, polpa di spalla, come nel mio caso, per i tagli del quarto anteriore, il risultato sarà ugualmente apprezzabile.

Gli ingredienti sono :


(per le quantità dovete considerare 120 g di carne a persona)

Polpa di spalla 1,2 kg in un unico pezzo e possibilmente già legata, o dovrete farlo voi .
Odori: cipolla, carota e sedano q.b.
Foglie di alloro, almeno due.
Bacche di ginepro n. 6.
Grani di pepe nero n.6
Olio evo q.b.
Vino rosso un litro e mezzo.
Liquido della marinata filtrato e schiumato.
Burro 50 g. e farina 50 g per l'eventuale roux.
Sale q.b.
Per la marinata:
Odori cipolla, carota e sedano.
Alloro due foglie
Pepe nero in grani
Bacche di ginepro
Vino rosso mezzo litro.
Acqua mezzo litro o comunque fino alla totale copertura della carne.


Iniziamo a trattare la carne per prepararla alla nostra cottura con la quale otterremo uno dei migliori preparati gastronomici. La carne intera e legata dovrà essere marinata per almeno otto ore. La marinatura serve a insaporire la carne degli aromi che si desiderano utilizzare (vino, spezie, odori, etc.), e ad ammorbidirne la tessitura proteica e fibrosa (i tannini presenti nel vino rosso iniziano a modificare le proteine tanto che, dopo otto ore o più, la parte esterna della carne risulta di un colore più chiaro con riflessi color vinaccio). Passate le ore volute per la marinatura, asciugate (tamponare) con un canovaccio pulito la parte esterna e massaggiate con un po' di sale. Nello stesso tempo dovrete filtrare la marinata che metterete su fuoco vivo in una pentola a parte. Iniziate a soffriggere la carne intera con olio evo in una pentola dotata di coperchio che per il momento non utilizzerete. Non appena la carne inizia a dorare si può aggiungere la dadolata (mirepoix) di odori (cipolla, carota e sedano) e continuate a soffriggere (questo per evitare che gli odori, se soffritti prima o contemporaneamente alla carne, si brucino). Dopo dieci minuti o più potrete irrorare la carne con due-tre bicchieri di vino rosso possibilmente uguale a quello utilizzato per la marinatura. Aspettate qualche minuto (tre minuti dovrebbero bastare affinché la maggior parte dell'alcol evapori), abbassate il fuoco al minimo e coprite con il coperchio. La marinata posta sul fuoco, una volta in ebollizione, farà molta schiuma densa e grigiastra. Niente paura, sono le proteine, il materiale adiposo e il sangue che iniziano a coagulare. Non dovrete far altro che schiumare, ossia prenderete una schiumarola ed eliminerete la schiuma in eccesso e in superficie. A questo punto il più è fatto. Ora a distanza di 10-15 minuti, dovrete aggiungere qualche mestolo di marinata alla carne provvedendo a chiudere il coperchio ogni volta e aspettare che passi il tempo necessario. Solitamente il tempo di cottura varia un'ora e dieci-venti minuti per il primo Kg di carne e 15 minuti per i successivi kg, cioè se la carne dovesse pesare 2 kg, il tempo di cottura sarà indicativamente di "un'ora e quarantacinque" minuti (1,45̕). Ora è necessario cambiare il lato che poggia sul fondo della pentola per evitare che si bruci o si cuocia eccessivamente solo da una parte, ogni venti minuti. Potete alternare il liquido della marinata con qualche bicchiere di vino (almeno uno) aspettando due minuti prima di richiudere il coperchio. Appena avete un momento libero, mettete in un'altra pentola il vino, almeno un litro, con aggiunta di grani di pepe nero e bacche di ginepro a fuoco moderato. Il vino dovrà sobbollire (bollire lentamente) finche non si ridurrà della metà. Filtrate il vino e mettetelo da parte.
Passato il tempo di cottura della carne (potete verificare la cottura pungendo in profondità il pezzo di carne e se dovesse uscire ancora liquido misto a sangue la cottura dovrà continuare per qualche tempo) eliminate la carne dal fondo di cottura e mettetela da parte dopo averla liberata dello spago. Filtrate il fondo dagli odori e rimettete il liquido ottenuto in pentola. Ora aggiungete il vino messo da parte e riportate a ebollizione. Prolungate l'ebollizione per altri dieci o più minuti finché la salsa non sia ridotta ulteriormente. Se la salsa dovesse risultare ancora troppo liquida potete legarla con qualche grammo di roux preparato precedentemente. Ora tocca aggiustare la sapidità finale. Per quanto riguarda la salsa in oggetto, ricavata riducendo il vino, è risultato un retrogusto amarognolo troppo accentuato. Io ho aggiustato con qualche cucchiaino di zucchero semolato e comunque ricordate che la salsa è al vino e quindi il suo gusto deve essere predominante.
Tagliate la carne in fette dallo spessore di un centimetro o poco più, cercando di essere più precisi possibile e se avete un'affettatrice potete servirvene per fare un ottimo lavoro. Disponete la carne in fette su una placca o vassoio, irrorate con la salsa caldissima e aspettate che si raffreddi un po'. Il liquido della salsa tenderà a penetrare nella carne rendendola morbidissima. Prima di servire accertatevi del gusto e sapore, potrete sempre porre le ultime correzioni per tempo.

Questo piatto non può essere considerato una preparazione estiva poiché ricca di grassi e realizzato con una cottura complessa, si addice più alle stagioni invernali, ma ogni richiesta è un ordine. Il cliente ha sempre ragione…fino ad un certo punto, e se avete il coraggio di cimentarvi in questa preparazione, vi auguro… Buona fortuna!
    

giovedì 8 luglio 2010

Peperoni pasticciati


Ho proposto in diverse occasioni (per esempio "Dalla notte dei Saperi ai Piaceri dei Sapori " il 26 maggio 2007, buffet servito all'Università centrale durante una manifestazione culturale) questo piatto tipico della cucina mediterranea, non tanto per l'apporto di nutrienti o per le proprietà fitoterapiche, ma perché è veramente apprezzabile da ogni punto di vista….o di gusto! 
I peperoni, come risaputo, sono ricchi di vitamina C, che purtroppo viene quasi del tutto persa durante le fasi della trasformazione e manipolazione (cottura, essiccazione, etc.), e provitamina A (sostanzialmente dai carotenoidi anche responsabili della colorazione dal giallo tenue al rosso intenso). In questo caso, il piatto che ha il solo scopo di allietare il palato dei miei commensali, è inserito nel menù di questo nuovo evento sotto la voce "contorno". 

È un piatto confezionato con ingredienti mediterranei:

Peperoni "Capsicum annum L." squadrati, rettangolari, frutti grossi.
Aceto di vino bianco.
Olive nere greche.
Capperi delle Eolie sottosale.
Grana (può essere sostituito con provola dolce grattugiata).
Pangrattato
Acqua calda
Olio EVO
Sale e pepe nero q.b.
Menta fresca in foglie (se ve la trovate tra le mani).

La preparazione non è per nulla difficile. Arrostite i peperoni in forno alla temperatura di 200°C per venti minuti o per quanto credete opportuno. Potete farlo anche in griglia, piastra o padella, ma utilizzando il forno avrete sicuramente il tempo di fare altro in cucina (il tempo non basta mai!) avendo un'arrostitura omogenea per tutti gli ortaggi e non dovendo stare attenti al controllo ripetuto. Una volta che i peperoni hanno raggiunto una cottura adeguata (ossia la pelle deve essere abbondantemente cotta con una colorazione sul marroncino), baderete a farli raffreddare a temperatura ambiente per manipolarli senza rischiare di ustionarvi gravemente. Eliminate la pelle esterna accuratamente, sicuramente durante la fase di nettatura i peperoni si apriranno permettendovi di eliminare i semi interni e i filamenti. Tenete da parte i filetti che possono essere utilizzati anche in giorni successivi.
Preparate le olive eliminando il nocciolo, ponete i capperi a dissalare almeno due ore prima del loro utilizzo in acqua tiepida cambiandola almeno tre volte a intervalli regolari (ogni venti minuti), preparate la quantità necessaria di formaggio e di pangrattato (personalmente mi regolo a occhio utilizzando manciate di entrambi gli ingredienti, almeno due-tre per sei peperoni, ma considerate che ho una mano abbastanza grande), l'aceto di vino bianco, e portate ad ebollizione un po' di acqua non salata. Avendo tutti gli ingredienti a portata di padella potete iniziare a riunire il tutto. Irrorate la padella con olio evo (mezzo bicchiere) e soffriggete capperi e olive. Aspettate qualche minuto e aggiungere al soffritto i filetti di peperoni che insaporirete per 5-8 minuti. Sfumate con l'aceto di vino bianco (la quantità non deve essere eccessiva, una spruzzata abbondante potrebbe bastare). Io preferisco a questo punto salare e pepare senza eccedere. Aspettate che l'aceto sia evaporato e cospargete con il formaggio grattugiato. Amalgamate il tutto e nuovamente cospargete con un paio di manciate di pangrattato amalgamando ripetutamente. Il composto si presenterà abbastanza asciutto, ma niente paura, è il procedimento occorrente. Aggiungere almeno un mestolo di acqua calda, che può essere integrato con altra quantità, e continuare a mantecare. Si formerà la sorta di crema che darà la caratteristica al piatto pasticciato. Apportate le consuete correzioni di sale e spezzettate le foglie di menta fresca.
Il piatto può essere servito anche freddo, ma io consiglio di farlo quando è ancora tiepido, si percepiscono nettamente i sapori.
Ho scoperto che, secondo una nuova interpretazione professionale del galateo gastronomico, augurare il buon appetito è un'abitudine superata e considerata kitsch, ma essendo anticonformista e soprattutto cuoco tradizionalmente pop (popolare), lo auguro volentieri a tutti voi…

Buon appetito!!!