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venerdì 9 aprile 2010

Pappardelle al ragù - Amour toujours


Mi trovo spesso indeciso su come onorare le persone a me care durante ricorrenze particolari, San Valentino, anniversari, compleanni, etc. Comprare fiori, piante, scrivere lettere d'amore e di ringraziamento, le ritengo azioni un po' scontate e superate. Una cenetta a lume di candela potrebbe essere un modo diverso per dire alla propria donna quanto si ami o quanto ci dispiaccia di averla offesa, oppure ringraziarla per essere presente nella nostra vita nonostante gli atteggiamenti lunatici e scontrosi nei suoi confronti. Ritorna alla mia attenzione l'espressione " Dillo con un fiore" e allora perché non regalare un piccolo omaggio gastronomico fatto con le proprie mani che ricordi, sebbene in modo vago, un fiore. Carpiamo la sua attenzione e i suoi sensi con la nostra dimestichezza tra i fornelli anche se, a dire il vero, occorrono anche altre doti che non mi soffermo a descrivere, ma che potremmo benissimo immaginare, comunque come inizio è sufficiente.

Classico piatto delle feste "lasagne al ragù"che ho rivisto in questo modo sostituendo le pappardelle alle lasagne e lasciando il resto degli ingredienti inalterato, aggiungendo un piccolo segno di riconoscenza e attaccamento al mio territorio "la melanzana" (Sicilia I love you!!!) . Sono riuscito a confezionare un piatto più delicato perché ho potuto dosare meglio i condimenti.

Il ragù:


300 g di tritato di bovino

400 g di tritato di suino (in verità andrebbero gli avanzi della coscia del prosciutto crudo.)

Cipolla, carota e sedano quanto basta per creare una dadolata e ricoprire il fondo del tegame (naturalmente la cipolla in proporzione deve essere un po' di più).

Un barattolo di pelati

Un bicchiere di acqua con 2/3 cucchiai di concentrato di pomodoro sciolti dentro.

Un bicchiere di vino rosso.

Una foglia di alloro.

Una spolverata di noce moscata.

Olio d'oliva extravergine.

Sale e pepe nero q.b.

Una volta tagliate le verdure, cipolla, carota e sedano, devono essere soffritte con l'olio d'oliva. Dimenticavo, la quantità di olio deve essere circa mezzo bicchiere da 125 cl. Le imbiondisco 2/3 minuti a fuoco non troppo alto e aggiungo il tritato (tutto) che continuerò a rimestare fino a sbiancarlo (il colore della carne in cottura vira dal rosa/rosso al bianco per poi, a cottura inoltrata, prendere un colore bruno per "la reazione di Maillard" cioè una serie di trasformazioni chimiche particolarmente complesse che riguardano le proteine e i glucidi presenti…ma questa è un'altra storia. [Un inchino alla prof. Di Bella]). Una volta data una leggerissima cottura uniforme a tutto il tritato, provvedo a salarlo e di seguito sfumarlo con il vino rosso. Io preferisco salare la carne senza il resto degli ingredienti, in questo modo riesco a controllare meglio la sapidità del ragù senza dover, di volta in volta, aggiustare di sale. Assorbito il vino, aggiungo le spezie e odori; pepe nero, noce moscata e alloro, non eccedo, ma così facendo conferisco, sin dall'inizio, alla base del ragù, ossia la carne, quella fragranza che sarà fondamentale.


Aggiungo i pelati che vado a sfaldare con la mano, naturalmente evitando gli schizzi, seguiti dal bicchiere di acqua e concentrato. A questo punto non resta che abbassare il fuoco e proseguire la cottura a fuoco molto basso per almeno 1 ora con il coperchio semi chiuso. Ogni tanto è opportuno dare una controllatina e una rimestata per evitare che la carne giochi brutti scherzi attaccandosi al fondo del tegame. Nel caso in cui il liquido fosse evaporato, sarebbe opportuno aggiungere un po' di acqua calda o di brodo vegetale genuino, fatto con le verdure fresche(noi cuochi ne teniamo sempre diversi litri in caldo pronto per qualsiasi uso o diluizioni). Quasi al termine della cottura controllo sempre il sapore, cioè assaggio per eventuali correzioni di sale o altro. Il risultato è un ragù piuttosto compatto e non troppo liquido. Dalle mie parti è consuetudine aggiungere al sugo anche i piselli, io li ho voluti cuocere separatamente con olio e cipolla, un dito di acqua e sale, per poi utilizzarli nella confezione finale del piatto.


La besciamella:


Questa salsa, se fatta bene, è delicata e piacevolmente tendente al dolce. È di largo uso nella nostra cucina in quanto lasciata in eredità da magnifici cuochi, che, nei secoli passati, erano contesi dalle famiglie nobiliari di tutto il meridione d'Italia (da Pachino Capo Passero a Napoli). In Sicilia erano chiamati "Monsù" dalla storpiatura di "Monsieur", esperti nell'arte gastronomica i quali avevano appreso i segreti culinari prestando servizio in Francia. In verità la maggior parte dei piatti caratteristici e conosciuti della cucina regionale siciliana sono null'altro che una rivisitazione popolare (con materie prime alla portata delle tasche sgonfie dei meno abbienti ma di non meno palato fine dei nobili), di piatti confezionati dai magnifici Monsù, non escludendo l'influenza araba che ha lasciato l'abitudine di unire il dolce (per esempio l'uva sultanina) al salato….ma questa è un'altra storia! (ma quante storie che lascio in sospeso, mi tocca fare gli straordinari!)

La salsa besciamella che io preparo da utilizzare con le minestre asciutte (cioè i primi piatti a base di pasta), la realizzo un po' più morbida, cioè:

1 litro di latte

50 g di burro

50 g di farina tipo "00"

Pepe bianco q.b.

Noce moscata, una grattugiata abbonante (l'aroma deve sentirsi e consiglio di spostare con le mani, come se si stessero scacciando le mosche, il vapore che esce dalla pentola verso il proprio naso senza infilare la testa dentro la pentola che potrebbe inquinare la salsa accidentalmente con agenti fisici tipo capelli, saliva, bottoni, etc.[ri-inchino alla prof.])

Sale q.b.

In un pentolino sciolgo il burro a fuoco bassissimo e aggiungo la farina mescolando delicatamente. Si forma una sorta di pasta non troppo asciutta che non dovrà essere lasciata sul fuoco troppo tempo. Io consiglio, una volta che il burro è fuso, di spostare il pentolino dal fuoco e lavorare l'impasto, detto "roux", con il calore accumulato per poi rimetterlo qualche altro secondo su fuoco delicato al fine di amalgamare bene il composto. Il roux tende a bruciarsi facilmente prendendo una colorazione brunastra e sapori sgradevoli che comprometterebbero la salsa finale. A questo punto ci sono due metodi differenti di unire il roux al latte, uno con latte a temperatura ambiente e l'altro a caldo. Io preferisco a caldo, cioè porto a quasi ebollizione il latte, in una pentola a parte, e aggiungo il composto legante mescolando continuamente il liquido a fuoco moderato. Dopo qualche minuto si avverte, mescolando con la frusta, maggiore resistenza, è la salsa che prende consistenza. Provvedo a salare, e aggiungo le spezie. Continuo la cottura per circa 10 minuti. A questo punto la salsa besciamella sarebbe pure pronta per essere utilizzata, ma essendo un tipo pignolo nel mio lavoro e vista l'occasione di un tête- à-tête riparatore, filtro il tutto attraverso un setaccio dalle maglie non troppo strette per eliminare eventuali grumi di roux. Nella maggior parte dei casi, di grumi, ne sono presenti pochissimi e la cosa mi gratifica tanto da sembrare un bambino che riceve in premio la sua caramella tanto desiderata.

Ora è il momento della creatività e dopo aver condito le pappardelle (senza però esagerare, la moderazione è essenziale alla delicatezza) termino il piatto come da foto. Per l'occasione ho abbinato un vino rosso Nero D'Avola - Cabernet Sauvignon senza menzionare altro (per la pubblicità rivolgersi ai nostri agenti J).
Vorrete sapere com'è andata a finire???? Sarà stato merito del vino, merito del piatto o merito di entrambi, ma la mia compagna mi ha perdonato concludendo: "Sei un adorabile canaglia!!!". Sotto voce vi confido che la serata si è prolungata con un… tête-a-tête più intimo, ma che resti tra di noi. Quindi possiamo dire (pluralis maiestatis) che la ricetta è garantita per occasioni del genere.
In verità l'immagine da me scattata non ha reso giustizia alla presentazione del piatto. Sono un cuoco mica un fotoreporter!!!!!

Buon appetito.


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